Entrepreneurial Economy, come mettersi in proprio grazie all’e-commerce

In Italia quello che serve è un cambio di mentalità, la figura dell’imprenditore è ancora molto stereotipata, e anche se gli italiani concordano sul fatto che mettersi in proprio sia appagante, e permetta di guadagnare maggiore libertà in pochi sono davvero intenzionati a diventare imprenditori. Dopo oltre un anno in stand-by a causa della pandemia da Covid-19, emergono però le opportunità per le imprese e i professionisti che hanno il coraggio di mettersi in proprio. Insomma, è l’ora dell’Entrepreneurial Economy, ovvero, è il momento giusto per reinventarsi o innovare il proprio business sfruttando le opportunità dell’e-commerce. Sono alcuni dei risultati dell’indagine condotta da BVA Doxa per Shopify, la piattaforma di e-commerce all in one a livello globale.

La figura dell’imprenditore

Secondo la ricerca in Italia la figura dell’imprenditore è ancora molto stereotipata: per il 94% degli intervistati si tratta di un uomo tra i 40 e i 60 anni (77%) che vive in una grande città (73%) del Nord Italia (92%). Nei confronti degli imprenditori, però, l’opinione degli italiani è positiva (65%), e considerano gli imprenditori professionisti coraggiosi e creativi che hanno saputo dar vita ai propri sogni. Tanto che il primo driver che guida ogni scelta degli imprenditori è la passione (61%), seguita dalla volontà di acquisire un certo status (55%) e di guadagnarsi più libertà (50%). E sono tre le caratteristiche must-have di un imprenditore di successo, lungimiranza (71%), audacia (65%) e forti capacità sociali (39%).

Stereotipi e difficoltà, una strada in salita

La corsa all’imprenditorialità nella maggior parte dei casi però viene percepita come una strada in salita. Le più alte barriere all’imprenditorialità sono la burocrazia (73%), costi e spese (66%). e i possibili rischi (54%). Risultato, solo il 2% degli italiani afferma di essere certamente intenzionato a diventare imprenditore, sebbene la percentuale salga al 37% se si considera anche chi è semplicemente aperto a tale possibilità. Di questi, 7 italiani su 10 punterebbero sull’e-commerce, il vero alleato delle imprese nella lotta all’emergenza Covid-19, ma anche l’asset su cui puntare in uno scenario di next normal.

La soluzione per abbattere le barriere di un’attività offline

Tra chi si dice aperto alla possibilità di diventare imprenditore prevale il desiderio di scommettere sul segmento servizi (31%), seguito dal food&beverage (30%), il wellness (24%) e l’home&garden, che comprende anche servizi e prodotti per gli amici a quattro zampe (19%). Un fil rouge però accomuna le scelte di tutti: il 77% punterebbe sull’e-commerce quale unico canale di vendita (30%) o integrato a quello offline (47%). Per 3 italiani su 4, infatti, poter vendere online è diventato fondamentale (80%) e lo sarà sempre più anche in futuro (85%). Tra i vantaggi, la possibilità di convertire la propria passione in un vero lavoro, l’opportunità di trasformare un’idea in un progetto concreto e le prospettive di guadagno. Senza contare che l’e-commerce abbatte molte barriere tipiche di un’attività da avviare offline, ovvero, meno adempimenti burocratici, costi e spese, rischi e incertezze.

Italiani e sostenibilità, le scelte di acquisto diventano più green

La tutela del pianeta guida sempre di più le scelte dei consumatori, soprattutto nell’ambito degli acquisti per la casa. Gli italiani sono più attenti alla sostenibilità quando si tratta di acquistare un elettrodomestico, e in casa vogliono mantenere il più basso possibile il loro impatto ambientale. Più di un consumatore su due predilige infatti elettrodomestici a basso consumo, e il 40% attua comportamenti volti a risparmiare e non sprecare energia, mentre il 37% pone attenzione a non sprecare acqua, con un incremento, rispettivamente del 4% e del 3%, a seguito del primo lockdown. È quanto emerge dall’indagine di LG commissionata a Gfk, che indaga sulle abitudini di consumo degli italiani alla luce dei cambiamenti imposti dalla pandemia.

Per il 66% l’efficienza energetica è in testa tra i parametri rilevanti nell’acquisto

“La tutela del pianeta è oggi uno dei pilastri che guida le scelte dei consumatori”, si legge nel report. In particolare, nell’acquisto di elettrodomestici, ritenuti dalla maggior parte delle persone i principali responsabili dei consumi in casa e la tipologia di prodotti che più di tutti dovrebbe essere sostenibile. Il 75% degli italiani ritiene infatti “importantissimo” avere una lavatrice che mantiene bassi i consumi, e per il 66% l’efficienza energetica è in testa tra i parametri rilevanti nell’acquisto. Anche di un frigorifero, per il quale l’efficienza energetica si posiziona come prioritaria secondo il 67% degli intervistati. Questo aspetto ha invece una rilevanza meno evidente (25%) nell’acquisto della TV, per cui vengono considerate come prioritarie le funzioni smart e qualità dell’immagine.

Per il 62% i brand devono adottare un approccio responsabile

Secondo le indagini di Gfk fra i trend emersi a seguito della pandemia c’è anche l’attenzione verso il benessere collettivo, e il 57% delle persone ritiene che la tecnologia abbia un impatto positivo sulla qualità della vita da qui a 3 anni. Per il 62%, poi, i brand e le aziende devono adottare un approccio responsabile dal punto di vista ambientale. Dallo studio in generale emerge anche una maggiore predisposizione verso l’acquisto di prodotti con minore impatto sull’ambiente, anche a fronte di un costo maggiore (40%, + 5% rispetto al 2017).

Arrivano le nuove etichette energetiche

In merito alle nuove etichette energetiche previste dall’Ue da marzo 2021, meno del 5% dichiara di esserne informato, riporta Ansa. Le nuove etichette, che torneranno a essere classificate in base a una scala compresa tra A (massima efficienza) e G (bassa efficienza), “danno la possibilità al consumatore di valutare in modo più efficace i prodotti più efficienti rispetto a quelli meno efficienti – afferma Sergio Buttignoni, Corporate Marketing Director LG Electronics Italia -. La vecchia scala era ormai obsoleta”.

Da cosa dipendono i consumi di un condizionatore d’aria?

Una domanda che in molti si pongono è quali siano i consumi di un condizionatore elettrico. Si tratta di una domanda normalissima soprattutto in tempi come quelli che viviamo al momento, in cui costi in bolletta vanno assolutamente contenuti con un occhio sempre al rispetto dell’ambiente e la necessità di produrre la minor quantità possibile di inquinamento.

Ad incidere su quelli che sono i consumi di un climatizzatore dipende chiaramente l’utilizzo che facciamo dell’apparecchio, e dunque il quantitativo di ore per le quali lo lasciamo acceso ogni giorno, ma anche dalla sua capacità di assorbire energia elettrica.

La classe energetica

Infatti,la classe energetica del nostro dispositivo incide in maniera diretta su quelli che sono i consumi: i modelli più moderni consumano chiaramente molto meno, fino alla metà dei modelli di condizionatori più vecchi.

Inoltre non bisogna pensare che la quantità di energia impiegata sia la stessa per tutto il tempo di utilizzo, in quanto i condizionatori moderni si attivano anche solo un paio di minuti ogni ora per mantenere una determinata temperatura non appena raggiunta quella desiderata.

Dunque il momento in cui il condizionatore consuma di più è quello in cui viene acceso e gradualmente abbassa la temperatura presente nell’ambiente. Raggiunta la temperatura di esercizio, il dispositivo si occupa semplicemente di mantenerla attivandosi anche solo un paio di minuti ogni ora.

L’efficienza energetica dell’appartamento

Molto dipende anche dalla capacità di isolamento del nostro appartamento: se questo infatti è ben isolato, avrà l’ottima capacità di mantenere più a lungo l’aria fresca prodotta dal condizionatore. Migliore è l’isolamento termico di casa dunque, più bassi saranno i consumi.

Per quel che riguarda i modelli in grado di assicurare le prestazioni migliori, bisogna sottolineare la presenza di parecchi condizionatori Daikin con classe energetica A+++ con controllo intelligente della diffusione dell’aria e purificazione della stessa grazie alla tecnologia Flash Streamer.

Dispositivi di nuova generazione dunque, che consentono di risparmiare notevolmente e al tempo stesso rispettare l’ambiente.

Come potare correttamente un albero

Tutti conoscono lo splendore che gli alberi regalano, soprattutto quando ricevono le cure necessarie. Ci proteggono dal calore grazie all’ombra che producono, aggiungono umidità all’aria riducendo la calura.

Gli alberi inoltre assorbono grandi quantità di CO² e producono ossigeno . Fungono da casa per molti animali e riducono la presenza di particelle di polvere sospese nell’aria. Vediamo allora come possiamo prenderci cura dei nostri alberi potandoli al meglio.

La potatura può sembrare semplice, ma non lo è. Per questo, è necessario sapere qual è la tecnica più appropriata. È molto importante ricordare che, se fatta nel modo sbagliato, la potatura può rendere l’albero debole, marcio e persino farlo morire. 

Suggerimenti prima di potare un albero

Inizia verificando di avere tutti i materiali specifici di cui hai bisogno: una forbice da potatura, una motosega, guanti, occhiali, protezioni per le orecchie, etc. In base agli strumenti di cui disponi, otterrai un risultato migliore o peggiore.

Tieni presente che ogni taglio che fai può modificare sia la struttura che la crescita dell’albero, e che i tagli devono essere eseguiti correttamente L’uso della pasta curativa per coprire le ferite non è raccomandato, perché potrebbe fare più male che bene. L’importante è fare un taglio corretto.

Suggerimenti durante  la potatura dell’albero

La potatura è legata all’eliminazione totale o parziale di rami secchi, poco orientati o già morti. Potare bene un albero migliora notevolmente la salute della pianta, prevenendo malattie che possono influire negativamente. 

Nella potatura di riduzione della struttura dell’albero bisogna evitare di tagliare rami che superano i 10 centimetri di diametro. Inoltre, se la potatura viene eseguita solo su un lato dell’albero, si creerà un disequilibrio. È importante per questo potare un albero attorno al suo intero contorno per evitare il pericolo di caduta durante le giornate ventose o tempestose.

Nel caso di alberi più giovani, dovrebbe essere eseguita una forma di potatura chiamata diradamento. Con questa potatura vengono rimossi i rami secondari di un ramo principale. Questo aiuta a ridurre il numero di nuovi germogli e guiderà meglio la crescita dell’albero.

Se questa operazione è troppo complessa per te e non vuoi rischiare di sbagliare, o se non disponi dell’attrezzatura adeguata e preferisci affidare ad altri un compito così delicato, tieni in considerazione il servizio di manutenzione giardini di vivaicolleoni.com per usufruire delle prestazioni di personale qualificato ed esperto in materia.

Conti correnti in rosso, dal 1° gennaio le regole sono cambiate

Secondo una normativa europea recepita dall’Italia dal 1° gennaio le regole sono cambiate per i conti correnti in rosso. “Fino al 31 dicembre 2020 – ricorda La Legge per Tutti – per andare in default con la banca si doveva verificare una di queste due condizioni: la banca ritiene improbabile il recupero del credito senza l’escussione delle garanzie, oppure il debitore presenta un’insolvenza da oltre 90 giorni su esposizioni che superano determinate soglie”.

Ma dal 1° gennaio 2021 il discorso cambia, e le persone fisiche rischiano di finire in default in automatico per avere un debito superiore ai 100 euro per oltre 90 giorni consecutivi.

La banca valuta se il credito non è recuperabile

La Legge per Tutti spiega però che “prima di collocare un cliente in una situazione di default, la banca valuta se si tratta di un problema risolvibile in pochi giorni oppure se il credito non è facilmente recuperabile”. Ad esempio, può capitare a un privato di ricevere in ritardo lo stipendio, e se il primo giorno del mese scattano i pagamenti automatici (utenze, rata del mutuo ecc), e lo stipendio, anziché il 31 del mese precedente viene accreditato fino a una settimana dopo, potrebbe non avere la disponibilità necessaria. I limiti temporali servono quindi a capire se si tratta di un episodio isolato e risolvibile o se si tratta di una sofferenza che si protrae nel tempo e che deve essere segnalata.

La nuova normativa sul default non impedisce di “andare in rosso”

La Legge per Tutti ricorda che se si hanno “esposizioni con diverse banche queste vengono sommate nel caso in cui gli istituti di credito appartengano allo stesso gruppo. Inoltre, un debitore messo in sofferenza da una banca rimane segnalato a tutte le altre del gruppo. Non solo: il default di una singola esposizione porta con sé il deterioramento automatico di tutte le altre esposizioni nei confronti della stessa banca”.

La nuova normativa sul default non impedisce, tuttavia, di poter avere un conto corrente in rosso. “Nulla vieta alle parti che sottoscrivono il rapporto bancario – precisa La Legge per Tutti – di sottoscrivere un accordo che consenta un certo sconfinamento oltre la disponibilità che si ha sul conto e superando il limite del fido”.

Segnalati alla centrale dei rischi per poche centinaia di euro

In sostanza, riporta Adnkronos, con la nuova normativa la banca può continuare a consentire al cliente di andare in rosso entro una certa soglia e in cambio di una commissione di istruttoria veloce (Civ). In questo modo, il correntista non si troverà il conto bloccato per il pagamento automatico di bollette o stipendi se comportano uno scoperto. Ecco perché diventa essenziale parlare con la banca al momento dell’apertura del conto, o se il rapporto è già in atto controllare che ci sia una clausola che permetta di andare in rosso. In caso contrario, si può finire segnalati alla centrale dei rischi per poche centinaia di euro.

Il Natale spinge gli acquisti per libri, beauty, elettronica e fashion

Le festività natalizie e il mese di dicembre 2020 in generale hanno portato una ventata di ottimismo al mercato retail. Una boccata d’ossigeno soprattutto per gli esercenti dei negozi fisici, gravemente penalizzati dalle chiusure dettate dall’emergenza sanitaria. L’ultimo mese dell’anno ha visto infatti incrementare le vendite in numerosi settori merceologici, alcuni dei quali penalizzati dall’effetto pandemia. Tra questi, i libri, il beauty, l’elettronica di consumo, e il fashion. È quanto emerge dall’ultima analisi dell’Osservatorio di Stocard, che ha confrontato i trend di acquisto nei mercati retail durante l’ultimo mese del 2020 rispetto ai tre mesi precedenti (settembre-novembre) dell’anno appena trascorso.

La crescita delle vendite coinvolge tutti i settori merceologici

“Dicembre è il periodo di massimo incremento di spesa nel mercato retail – commenta Valeria Santoro, Country Manager di Stocard Italia -. Una crescita delle vendite che coinvolge pressoché tutti i settori merceologici, complice l’arrivo delle Feste natalizie. Tuttavia, in un anno tristemente anomalo come quello appena concluso, settori come il beauty, il fashion e la ristorazione, fortemente penalizzati dalla pandemia, si sono particolarmente distinti, e per la prima volta dopo diversi mesi hanno registrato un notevole aumento delle vendite. Una buona notizia che ci auguriamo possa rappresentare un segnale di ripresa duraturo e darci speranza per il 2021”.

Ristorazione +37%, mercato librario +71%, elettronica di consumo +52%

Il trend degli acquisti registrati dall’Osservatorio Stocard mostra quindi una crescita generale, abituale nel periodo natalizio, ma che ha interessato particolarmente settori come il beauty, che a dicembre ha registrato un incremento delle vendite pari al 66% rispetto ai tre mesi precedenti, e il fashion (+37), due tra gli ambiti più sofferenti dall’inizio dell’emergenza sanitaria. Lo stesso vale per la ristorazione, che ha registrato un +37% beneficiando dei servizi di food delivery e dei diversi giorni di apertura previsti dalle disposizioni del Governo. L’aumento delle vendite ha visto inoltre primeggiare il mercato librario (+71%), l’elettronica di consumo (+52% di acquisti), e i negozi di articoli per l’infanzia (+31%).

Mercoledì 23 dicembre il picco di acquisti

La giornata in cui si è registrato il picco di spese è stato mercoledì 23 dicembre, complice anche l’imminente ingresso dell’intero Paese in zona rossa il 24 dicembre, con un +47% di acquisti da parte dei consumatori italiani rispetto agli altri giorni del mese. L’Osservatorio ha evidenziato inoltre come nel corso di dicembre 2020, rispetto ai tre mesi precedenti, siano aumentati anche il numero dei consumatori (+22%) e gli eventi di acquisto, ovvero le occasioni dedicate allo shopping da parte dei cittadini (+27%).

Hai la barba ben curata? Sarai percepito come un venditore migliore

La ricerca è sicuramente originale, ma forse può fornire uno spunto in più a chi si occupa di vendite, ovviamente a condizione che sia uomo. Proprio così: uno studio scientifico ha infatti scoperto che chi ha la barba ben curata viene percepito dai potenziali clienti come un venditore migliore e più affidabile. La ricerca è stata pubblicata sul Journal of Business Research ed è stata realizzata dagli esperti della St. Edward’s University di Austin, in Texas: i risultati hanno messo in luce che la barba trasmette sentimenti positivi e chi la porta tende a concludere l’affare più spesso e a registrare livelli di soddisfazione più elevata da parte del cliente. “L’effetto di aumentata affidabilità è stato osservato in numerosi settori e non sembrava legato all’etnia o all’età del rappresentante di vendita o del cliente, né da caratteristiche soggettive del venditore, come la sua avvenenza o la simpatia” ha dichiarato Sarah Mittal della St. Edward’s University di Austin.

L’esperimento condotto con Facebook Ad Manager

Per questo singolare test, la squadra dell’università texana ha utilizzato Facebook Ad Manager per condividere annunci sulla piattaforma, usando immagini di venditori e promotori con e senza barba. “Gli annunci in cui era presente un venditore con la barba ha prodotto in media il quadruplo di click rispetto agli altri nei servizi industriali mentre per gli annunci tecnologici la barba sembrava raddoppiare le interazioni positive. Sembra che la cura della barba sia davvero associata a una percezione di un messaggio coerente sulla competenza nel proprio campo, un fattore chiave per il successo delle vendite” ha dichiarato Mittal, come riporta l’agenzia Agi.

Insomma, sembrerebbe proprio che la barba aiuti nelle vendite e in generale nei rapporti con i clienti: “La barba è soggetta alle tendenze della moda – commenta la ricercatrice – ma da una prospettiva evolutiva rappresenta un indizio di mascolinità, maturità, competenza, leadership e status. Per le nostre menti preistoriche, una barba ben curata trasmette un’idea di immuno-competenza, cioè la capacità del corpo di produrre una risposta immunitaria a un virus o batteri” precisa la scienziata.

Risultati contrastanti

A dire la verità, negli anni passati altri studi avevano invece sottolineato quanto la barba potesse trasmettere l’impressione di aggressività e scarsa affidabilità, ovvero l’opposto di quanto rilevato dallo studio texano. Evidentemente le cose e le percezioni cambiano: gli autori dello studio ribadiscono “che i peli sul viso rappresentano la manifestazione più evidente del dimorfismo sessuale umano, che si esplica nelle differenze fisiche tra i generi sessuali, anche se lo scopo evolutivo della barba è un enigma di lunga data”.

Su Facebook sono 22,1 milioni i contenuti di odio

I social sono sempre più usati per utilizzare false informazioni e veicolare contenuti di odio e intolleranza. Solo su Facebook, ad esempio, sono stati rimossi 12 milioni di post per false informazioni sul Covid-19, e 265mila per interferenze sulle elezioni presidenziali americane. Inoltre, la diffusione di contenuti che incitano all’odio sulla piattaforma è pari allo 0,10% circa: in pratica, 10 visualizzazioni ogni 10.000. Lo rileva Facebook nel suo rapporto trimestrale sull’applicazione degli standard della comunità relativo al periodo luglio-settembre 2020. Più in particolare, nel terzo trimestre 2020 Facebook ha preso provvedimenti su 22,1 milioni di contenuti di incitamento all’odio, di cui circa il 95% identificati in modo proattivo, 19,2 milioni di contenuti relativi a immagini violente, 12,4 milioni relativi a nudità infantile e sfruttamento sessuale e 3,5 milioni a bullismo e molestie.

Il “male” cresce su Instagram

Su Instagram, invece, la piattaforma ha preso provvedimenti su 6,5 milioni di contenuti di incitamento all’odio (erano 3,2 milioni del secondo trimestre), di cui circa il 95% identificato in modo proattivo (85% del secondo trimestre), 4,1 milioni di contenuti relativi a immagini forti (3,1 milioni del secondo trimestre), 1 milione di contenuti relativi a nudità infantile e sfruttamento sessuale (481.000 nel secondo trimestre), 2,6 milioni di contenuti di bullismo (2,3 milioni del secondo trimestre), 1,3 milioni di contenuti relativi a suicidio e autolesionismo (rispetto ai 277.400 del secondo trimestre), riporta Ansa.

“Con il Covid in aumento le informazioni accurate sono più importanti che mai”

“Tra marzo e ottobre 2020, abbiamo rimosso più di 12 milioni di contenuti su Facebook e Instagram per informazioni errate che potevano portare a danni fisici, come cure false o esagerate – spiega Guy Rosen vice Presidente di Facebook – . Durante questo periodo abbiamo anche messo un alert su circa 167 milioni di contenuti su Facebook basati su articoli di verifica relativi al coronavirus, scritti dai nostri partner di fact-checking. Con il Covid in aumento – aggiunge Rosen – le informazioni accurate sono più importanti che mai”.

Rimosse dalla piattaforme oltre 100 reti di comportamenti non autentici coordinati

Dal primo marzo al giorno delle elezioni Usa su Facebook “abbiamo reso visibili avvisi su oltre 180 milioni di contenuti che sono stati sottoposti al fact checking di terze parti – continua Rosen – e rifiutato annunci prima che potessero essere pubblicati circa 3,3 milioni di volte” su temi sociali, elezioni e politica. Negli ultimi anni Facebook ha creato sistemi e team per affrontare le interferenze straniere e le influenze interne, “e sono state rimosse dalla piattaforme oltre 100 reti di comportamenti non autentici coordinati”, sottolinea il vice presidente del social. Prima dell’estate la piattaforma ha inoltre lanciato un Centro informazioni sul voto, visitata da 140 milioni di persone. Con questo, Rosen stima di “aver aiutato 4,5 milioni di persone a registrarsi per votare quest’anno su Facebook, Instagram e Messenger”.

Covid e lavoro, penalizzate più le donne: 470.000 posti persi

La pandemia continua a diffondersi in tutto il mondo, e se gli effetti sull’occupazione in seguito al lockdown di marzo hanno comportato un taglio complessivo di 841.000 posti di lavoro, è l’occupazione femminile a risentirne in misura maggiore. Tra il secondo trimestre del 2019 e quello del 2020 il primo bilancio, ancora parziale, degli effetti del lockdown primaverile sul mercato occupazionale conta infatti 470.000 posti “rosa” sfumati, il 4,7% in meno.

In pratica, su 100 impieghi persi al tempo del Coronavirus quelli femminili sono il 55,9%, mentre il versante maschile ha registrato un decremento del 2,7%.

Contratti a termine, -327.000 posizioni “rosa”

A tirare le somme sul mercato del lavoro in Italia al tempo della pandemia è la Fondazione studi dei consulenti del lavoro, che ha realizzato un’indagine sulla condizione delle donne in questa fase economica di grande difficoltà per il nostro Paese. Secondo l’indagine a subire le penalizzazioni più forti sono state le addette inquadrate con contratti a termine (-327.000, con una discesa del 22,7%), ma non è andata bene neppure a coloro che esercitano una professione in forma autonoma, con un decremento del 5,1%. Chi ha retto meglio l’impatto con la crisi sono le depositarie di accordi a tempo indeterminato, con un decremento dello 0,8%.

Sono i servizi, tradizionale bacino di impiego femminile, a pagare il costo più caro

Occupate, dunque, ma svantaggiate nel periodo di affanno generale, anche perché, argomentano i professionisti, prevalentemente in forze nei settori più funestati dall’emergenza Covid-19. Sono stati infatti in larga misura “i servizi, tradizionale bacino di impiego femminile, a pagare il costo più caro”, spiegano gli autori della ricerca, come avvenuto nel “sistema ricettivo e ristorativo, dove le donne rappresentano il 50,6%” dell’organico, e nelle aree di assistenza domestica, nel quale la loro presenza arriva addirittura all’88,1%”.

Si tratta di comparti produttivi che hanno contribuito in maniera decisiva al saldo negativo occupazionale, determinando il 44,2% delle perdite complessive dei posti di lavoro, e il 51% se si puntano i riflettori sulla componente “rosa”.

Incremento di donne inattive soprattutto nelle fasce giovanili

La ricerca evidenzia inoltre come sulle spalle di circa 3 milioni di madri impiegate con un figlio under 15 si sia assemblato un elevato carico di stress, perché, a scuole chiuse, hanno dovuto garantire la presenza al lavoro, e al contempo, assistere la prole impegnata nella didattica a distanza, riporta Ansa.

Nell’arco di un anno, inoltre, è emerso un allarmante incremento di 707.000 donne inattive (+8,5%), soprattutto nelle fasce giovanili. Eppure, commenta Rosario De Luca, il presidente dell’organismo dei consulenti del lavoro, non si può disperdere quel “contributo rilevante in termini di qualificazione e competenza”.

Essere più stressati? È la nuova normalità al tempo del Covid

Essere stressati è normale? Pare di si: al tempo del Covid è questa la nuova normalità degli italiani. È quanto emerge dall’analisi presentata da Livio Gigliuto, vicepresidente dell’Istituto Piepoli, nel corso del convegno sulla Giornata nazionale della Psicologia 2020 organizzato dal Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi a Roma.

“A sette mesi dall’inizio dell’emergenza – spiega Gigliuto -, tra le cose con le quali gli italiani sono obbligati convivere c’è anche un maggior livello di stress. Gli psicologi per i cittadini sono una sorta di ‘mascherina della mente’, indispensabili per affrontare questa nuova normalità”.

Cresce l’ansia per le conseguenze economiche della pandemia

Così, “dopo un marginale calo estivo, i livelli di stress sono di quasi 10 punti percentuali più alti di quelli che registravamo prima dell’inizio dell’emergenza – continua Gigliuto -. Se all’inizio lo stress era legato quasi esclusivamente alla paura del contagio, oggi cresce sempre più l’ansia per le conseguenze economiche. Perdere il lavoro o faticare a trovarlo, vivere una nuova crisi economica: questo spaventa gli italiani e soprattutto i più giovani”.

Sembra andare meglio ai più giovani, che “hanno rafforzato la spiritualità e vivono con lucidità questa emergenza – sottolinea il vicepresidente dell’Istituto Piepoli -. Da un’indagine svolta per Fondazione Pisa e Fondazione Charlie, durante il lockdown 4 giovani su 10 hanno chattato o fatto video-chiamate con amici o familiari ogni giorno, un quarto ha svolto attività fisica in casa e il 24% ha pregato almeno una volta alla settimana”.

Il lockdown è stato vissuto con un mix di sentimenti ambivalenti

Tra le “misure” per combattere lo stress c’è un ritorno all’uso del diario: il 24% degli italiani lo ha scritto almeno una volta alla settimana, e 5 giovani su 10 dichiarano di aver vissuto il lockdown da fidanzate e fidanzati, con qualche conflitto in più ma con buona tenuta delle relazioni”.

“Lo stesso lockdown – continua Gigliuto – è stato vissuto all’insegna di un mix di sentimenti ambivalenti: se un terzo dei giovani ha provato speranza e fiducia (33%), il 21% ha provato tristezza e malinconia. Non sono mancati indifferenza e distacco (14%), rabbia e frustrazione (12%). Marginale la quota di giovani spaventati, solo il 9% ha provato paura e timore”.

La Generazione Z è convinta che torneremo a vivere come prima

Sul futuro gli adolescenti appaiono ragionevoli e lungimiranti, e per il 70% di loro la situazione si risolverà, anche se ci vorrà molto tempo, riporta Askanews..

In sette casi su dieci si dichiara poi l’attenzione a non essere contagiati, e metà degli intervistati dall’indagine dell’Istituto spende con oculatezza, pensando che con l’emergenza ci siano meno soldi per tutti.

La maggioranza dei giovani però è ottimista sul mondo post-emergenza. “A essere convinti che torneremo a vivere come prima sono soprattutto i membri della Generazione Z –  aggiunge il vicepresidente – i più giovani tra i giovani”.

Settembre 2020, migliora il clima di fiducia di cittadini e imprese

Dopo mesi difficili, cambia la percezione del presente e del futuro, che si tinge leggermente di rosa nell’ultimo periodo. A dirlo è l’Istat, che ha rilevato il sentiment della popolazione e delle imprese italiane, nei mesi scorsi messe a dura prova dai timori legati all’emergenza sanitaria e dalle oggettive difficoltà. Oggi, con il periodo più nero che viene percepito come alle spalle, gli indici sono decisamente più ottimisti. Questi alcuni dati riferiti all’ultima “misurazione”: a settembre 2020 migliorano sia il clima di fiducia dei consumatori (da 101,0 a 103,4) sia quello delle imprese (l’indice composito sale da 81,4 a 91,1). Tutte le componenti del clima di fiducia dei consumatori sono stimate in aumento. Il clima economico e il clima futuro registrano l’incremento più marcato passando, rispettivamente, da 90,5 a 94,9 e da 105,6 a 109,5. Anche il clima personale e quello corrente evidenziano una dinamica positiva: il clima personale sale da 104,9 a 107,1 e quello corrente cresce da 98,1 a 100,2.

Imprese, costruzioni e servizi di mercato più positivi

La tendenza alla positività – con un mood davvero molto diverso rispetto ai mesi scorsi – riguarda un po’ tutto l’universo delle imprese. In questo caso il miglioramento della fiducia è diffuso a tutti i settori seppur con intensità diverse. In particolare, nel settore manifatturiero l’indice sale da 87,1 a 92,1 e nelle costruzioni aumenta da 132,6 a 138,6. Per i servizi di mercato si evidenzia un incremento marcato dell’indice che sale da 75,1 a 88,8 mentre nel commercio al dettaglio la crescita è più contenuta (da 94,3 a 97,4). Con riferimento alle componenti dell’indice di fiducia, nell’industria manifatturiera migliorano sia i giudizi sugli ordini sia le attese di produzione. Le scorte di prodotti finiti sono giudicate in decumulo rispetto al mese scorso. Nelle costruzioni, aumentano entrambe le componenti dell’indice.

Bene anche il commercio al dettaglio

Nei servizi di mercato si registra un accentuato miglioramento sia dei giudizi sugli ordini sia di quelli sull’andamento degli affari; le attese sugli ordini aumentano. Nel commercio al dettaglio recuperano i giudizi sulle vendite mentre le relative aspettative sono in calo. Il saldo delle scorte di magazzino è in aumento. A livello di circuito distributivo, la fiducia diminuisce nella grande distribuzione mentre è in decisa risalita nella distribuzione tradizionale.

Le tendenze dell’estate per l’arredo e il design

I trend per il design e l’arredo dell’estate 2020 forse sono meno eccessivi e colorati del solito, più che altro si ha voglia di luce e la palette dei colori torna alle sfumature naturali della terra, ma rispecchiano il periodo che abbiamo vissuto chiusi in quella stessa casa che ci ha ospitato e protetto per settimane.

Ma cosa propongono le aziende, e cosa amano i proprietari di casa in questo periodo? Dalla community di Houzz, il sito Web americano di architettura, interior design e decorazione, arrivano alcune tendenze per il rinnovamento dell’ambiente domestico. Prima fra tutte, quella di puntare su vista e luce.

La luce naturale è infatti sempre più importante, forse in conseguenza del tempo passato a casa. I proprietari auspicano quindi maggiore luce naturale e viste rigeneranti. Bene per chi le ha già, per gli altri, è il momento di ripensare a infissi e balcone, e alla struttura stessa della casa. 

Il bagno salotto, o con innesti di legno

Se la tendenza al bagno boutique è sempre stata presente ora si prediligono bagni davvero graziosi, decorati con quadri e statue, come se fossero piccoli salotti. Manca solo la libreria, che però potrebbe essere la tendenza per l’autunno-inverno. Dopo che il legno ha invaso le nostre cucine con lo stile rustrial (rustico industrial) molti bagni sembrano non poter rinunciare a un elemento in legno, che sia il pavimento o un dettaglio del mobile lavabo. Con l’uso del legno il bagno rimane pulito e sobrio, ma viene reso più caldo e confortevole dall’elemento visivo e tattile di questo materiale naturale.

Colori della terra e floralismo 

Non solo i colori si rilassano, ma tendono a girare intorno alle palette dei colori della terra. Con l’eccezione del blu, che vive anch’esso un ritorno. Molti dei nuovi prodotti dei grandi marchi di design italiano e internazionale hanno scelto colori come terracotta, senape, marroni, che sembrano smorzare gli entusiasmi di altri anni, in cui prevalevano i colori fluo o super carichi. Se le pareti colorate sono ormai sdoganate, una nuova tendenza segue lo stile jungalow di qualche anno fa, puntando sui fiori. L’elemento verde delle piante ormai care a moltissimi appartamenti si colora con elementi floreali, anche coraggiosi, alle pareti, sui tappeti (ne stanno uscendo in produzione) e come dettagli in camera da letto.

Vintage più Scandinavia

Insomma, pur non essendo una novità, il fiore trasforma lo stile giungla precedente in qualcosa di più raffinato, ma che soddisfa la nostra voglia di natura. Un altro trend è il new classic, dove il rigore anni ’50 incontra il minimalismo scandinavo. Anche se molte fiere, come il Salone del Mobile sono saltate (ma il 2021 è in preparazione), le aziende hanno continuato a presentare le loro novità. Tra le più evidenti uno stile rigoroso e pulito anni ’50 in cui tornano materiali come marmo e legno scuro, rinfrescati però dall’incontro con lo stile contemporaneo scandinavo.