Spotify compie 10 anni, e festeggia con 180 milioni di utenti

Spotify, la piattaforma di musica in streaming, festeggia i suoi primi 10 anni. È stata infatti lanciata in Svezia il 10 ottobre del 2008 da Daniel Ek e Martin Lorentzon, anche se in realtà la società nasce nel 2006 a Stoccolma, ma è stata messa a punto e lanciata ufficialmente due anni dopo. Negli Stati Uniti Spotify è arrivata nel 2011, e in Italia nel 2013. Le ragioni del suo successo? Il fatto di offrire agli utenti la comodità di accedere a una infinita libreria musicale in mobilità, e di potersi cimentare nelle playlist. Ma anche l’avere scatenato il dibattito sul giusto compenso agli artisti, accompagnato da polemiche e defezioni, come quella di Prince, portate avanti fino ai suoi ultimi giorni.

Musica accessibile nel rispetto della legge

L’intuizione di Spotify è stata quella di prendere spunto dal fenomeno Napster, la piattaforma  di file sharing attiva da giugno 1999 fino a luglio 2001, rendendo però la musica accessibile legalmente grazie agli accordi con le case discografiche. Inoltre, la modalità di ascolto in streaming ha scardinato l’industria musicale diventando un volano alla crescita del settore. In pratica, riferisce Ansa, Sporify ha privilegiato l’importanza dell’accesso alla musica contro il concetto di possesso, sostenuto invece da iTunes. A ruota sono nati poi una serie di concorrenti, come Deezer, YouTube Music, e Amazon Music, mentre la stessa Apple, con il servizio Music, sta facendo con Spotify una lotta serrata, soprattutto negli Stati Uniti.

In Italia le hit parade ormai tengono conto anche degli streaming

Spotify attualmente conta su una community di 180 milioni di utenti, di cui 83 milioni pagano un abbonamento. La piattaforma è presente in 65 mercati, e da pochi mesi si è anche quotata a Wall Street. In Italia le hit parade tengono conto anche degli streaming a pagamento degli artisti. Ma la modalità di streaming musicale ha spalancato le porte anche allo streaming video, altra intuizione dei big della tecnologia in rete, e non solo: basti pensare a Netflix. Spotify ha offerto dunque un’altra possibilità di guadagno ai musicisti, e ha vestito anche i panni del talent scout per quelli meno famosi. Ma non senza polemiche.

Il dibatto sul compenso agli artisti

“Ci sono dibattiti sui guadagni di musicisti e su quali artisti sceglie di promuovere, ma l’accesso libero e totale di Spotify rende sostanzialmente la piattaforma utopica”, osserva il Guardian in un ‘articolo dal titolo emblematico: “Dieci anni di Spotify hanno rovinato musica?”.

Da anni, infatti, imperversa un dibattito sul compenso finale che arriva agli artisti per ogni canzone o disco messo in streaming, giudicato troppo basso. Polemica portata avanti, oltre che da Prince, anche a fasi alterne da Thom Yorke dei Radiohead. Altro cavallo di battaglia dei detrattori di Spotify è l’algoritmo che sceglie le canzoni al posto nostro per alcuni tipi di playlist. Un modo comodo di fruizione, ma giudicato passivo.