Bambini europei troppo fiduciosi sulle loro competenze in cybersecurity 

La fiducia eccessiva nelle proprie competenze informatiche rende i bambini vulnerabili agli attacchi online. Quasi tre quarti dei bambini europei tra 11 e 15 anni è infatti incapace di riconoscere uno o più tentativi di phishing, e non sa distinguere un’email fasulla da una legittima. È quanto emerge da una ricerca di Kaspersky, dal titolo Troppo sicuri e troppo esposti: i bambini sono sicuri online? condotta da Censuswide su 6.382 bambini, di cui 1.013 in Italia, e 6.665 adulti (1.000 in Italia) in 8 Paesi europei. La ricerca ha chiesto agli intervistati quali fossero le loro conoscenze in materia di sicurezza online, se sapessero cosa fosse un tentativo di phishing, quante informazioni condividessero online e a chi si affidassero per identificare potenziali minacce. E dai risultati emerge che il 72% dei giovani intervistati non è in grado di identificare i tentativi di phishing, esponendosi agli attacchi dei cybercriminali. 

Condividere informazioni personali online

Inoltre, il 39% dei bambini di 11-15 anni che dichiarano di essere informati sulla sicurezza online sono stati loro stessi vittime di phishing, evidenziando come i più piccoli sopravvalutino le proprie conoscenze in tema di sicurezza online esponendosi a rischi e pericoli. Nonostante molti giovani under 18 si ritengano ‘cyber aware’, la ricerca rivela poi che oltre la metà (55%) ammette ancora di inserire informazioni personali come il proprio nome e la data di nascita sui social media. E il 54% dichiara che sarebbe anche disposto a rivelare il nome del proprio animale domestico (spesso usato come password) e del programma televisivo preferito.

Più informazione anche per gli adulti

Questa ingenuità si scontra con il presunto livello di conoscenza informatica da parte dei più giovani: giochi e quiz online sono spesso utilizzati dai criminali informatici come strumenti per raccogliere quante più informazioni possibili sugli utenti. Ma meno della metà (42%) degli adulti intervistati sta aiutando i propri figli o i più giovani a identificare le truffe di phishing. Infatti, il 40% degli adulti coinvolti nella ricerca, per loro stessa ammissione, non è affatto informato quando si tratta di sicurezza online, e quasi un quinto (19%) ammette di essere stato vittima di truffe di phishing, percentuale che aumenta in Italia, raggiungendo il 32%. Questo suggerisce la necessità di una maggiore formazione e informazione online per tutte le età, per aiutare ogni generazione a sentirsi al sicuro in rete.

“L’eccesso di sicurezza espone a forti rischi di minacce”

“La conoscenza è potere, ma da sola non è sufficiente quando si tratta di sicurezza online – dichiara David Emm, Principal Security Researcher Global Research and Analysis Team di Kaspersky -. I nostri risultati dimostrano che una preparazione parziale può essere molto pericolosa per i bambini. L’eccesso di sicurezza che abbiamo evidenziato nel report li espone a forti rischi di minacce online. Per questo motivo, la formazione sulla sicurezza online deve essere ampliata per comprendere anche i pericoli legati ai contenuti e al tipo di attacchi a cui siamo esposti ogni giorno online. L’educazione alla sicurezza informatica non può essere rivolta solo ai bambini, ma deve essere estesa anche alle generazioni più adulte”.

Lavoro: entro aprile 2023 sono 150mila le opportunità tramite agenzia 

Entro il mese di aprile 2023 le Agenzie di lavoro italiane offriranno ai potenziali canditati complessivamente 150 mila contratti per diverse qualifiche professionali, da sviluppatori java a esperti in Comunicazione digitale e ingegneri meccanici, ma anche cuochi, autisti, operai specializzati, termoidraulici e camerieri. Si tratta per lo più di contratti di lavoro in somministrazione, ovvero contratti che prevedono le medesime tutele e la retribuzione tipica del lavoro dipendente, mentre per i contratti offerti a tempo determinato sono previste occasioni doppie di reimpiego allo scadere del rapporto di lavoro. A livello geografico, il 30,2% delle assunzioni è previsto nell’area del Nord-Ovest, il 24,4% al Nord-Est, il 20,2% al Centro e il 25,2% al Sud e nelle Isole.

Da sviluppatori java a receptionist e cuochi

Sviluppatori java e sistemisti, architetti informatici, esperti in controllo di gestione e ingegneri meccanici, elettrici e dell’automazione, project manager, communication e digital communication specialist, sono tra le figure più ricercate tra le professioni ad alta qualifica. E poi ancora, elettricisti, specialisti della qualità, sales account, contabili e addetti alla tesoreria, esperti in recruiting e training, receptionist e cuochi. Nel settore manifatturiero si evidenzia in particolare la richiesta di termoidraulici, operatori di macchine, addetti al banco di assemblaggio, autisti, camerieri, magazzinieri e specialisti delle spedizioni.

Professioni a elevata qualifica, a media qualifica e figure di natura operativa

Sono queste infatti alcune tra le 30 figure professionali più ricercate nel mondo del lavoro per i mesi di marzo e aprile 2023. I profili sono distinte in tre diverse categorie, ovvero le dieci professioni più ricercate a elevata qualifica, le dieci a media qualifica e le dieci figure di natura più operativa. Nel bimestre marzo-aprile 2023 i gruppi professionali ai quali appartengono i 30 profili più ricercati dalle imprese creeranno circa 692 mila offerte di lavoro, su un totale di oltre 810 mila opportunità lavorative totali rilevate dal rapporto Excelsior di Unioncamere.

Oltre 2.500 filiali in tutta Italia per chi è alla ricerca di un impiego

È quanto emerge da una rilevazione effettuata da Assolavoro Datalab, l’Osservatorio dell’Associazione Nazionale delle Agenzie per il Lavoro, su dati interni al settore e su fonti terze qualificate, come appunto Excelsior, Linkedin, Trovit, e Indeed. Assolavoro è l’Associazione Nazionale di Categoria delle Agenzie per il Lavoro (ApL). Riunisce le Agenzie per il Lavoro che producono l’85% del fatturato complessivo legato alla somministrazione di lavoro, e contano su tutto il territorio nazionale oltre 2.500 filiali.

I 10 consigli per guidare più “green”

Guidare più “green”, e inquinare meno, si può. Anche se si possiede un’auto a motore termico. Nel 2035 le auto con alimentazione a benzina o diesel non verranno più immatricolate, ma per chi ancora non ha cambiato la propria vettura con una meno inquinante seguire i 10 consigli di Midas consente di ridurre l’inquinamento. Anzitutto, la rete internazionale di officine meccaniche invita a prestare attenzione al proprio stile di guida. Guidare bene non è solo importante per la sicurezza di autista e passeggeri, ma permette anche di risparmiare fino al 30% di carburante. Una guida senza frenate improvvise o brusche accelerazioni, mantenendo una velocità di crociera moderata e costante, abbassa i consumi. E ridurre la velocità di 10 km/h sulle autostrade consente un risparmio fino a cinque litri di benzina su una distanza di 500 km.

Limitare l’utilizzo del condizionatore

Se si viaggia in città, o a una velocità al di sotto dei 50 km/h, abbassare i finestrini è da prediligere rispetto al condizionatore, ma in autostrada o su strade extraurbane i finestrini aperti possono causare un maggior attrito e aumentare anche il consumo di carburante. In ogni caso, l’utilizzo del condizionatore è da limitare, poiché ha un’azione molto impattante sui consumi, che in autostrada aumentano fino al 10%, per passare addirittura al 25% in città. Altro consiglio: no alle discese in folle. Spesso si pensa che percorrere una discesa in folle possa aiutare a contenere i consumi, ma non è così. Il motore continua infatti a essere acceso, comportando un continuo afflusso di carburante, oltre a consumare eccessivamente i freni.

Una vettura sana ed efficiente riduce il consumo di carburante

Qualora la vettura non disponesse del sistema Start&Stop, che spegne e riaccende in automatico il motore, Midas consiglia di spegnere manualmente il motore durante le soste prolungate. Inoltre, ricorda di fare attenzione alla pressione degli pneumatici. Avere pneumatici sgonfi aumenta l’attrito con il suolo e la resistenza al rotolamento, causando, oltre a rischi per la sicurezza, un’usura più rapida e un maggior aumento dei consumi. In ogni caso, una vettura sana ed efficiente riduce il consumo di benzina: ecco perché è fondamentale effettuare controlli periodici sul proprio veicolo (livello dell’olio motore, pulizia dei filtri dell’aria e dell’olio) con una manutenzione accurata e costante.

Evitare le code pianificando percorsi alternativi

Occhio al bagagliaio poi e ai carichi inutili: un peso extra grava sui consumi, in quanto il motore avrà bisogno di un’iniezione aggiuntiva di energia per tenere in movimento la vettura. Ma uno dei momenti in cui l’automobile utilizza più energia è durante i momenti di coda o di sosta. Ecco perché è utile evitare più possibile il traffico, pianificando percorsi alternativi o cambiando i propri orari usuali.
Talvolta modificare anche di poco le proprie attività e abitudini quotidiane può aiutare a spendere meno, e diminuire le emissioni di CO2 dell’auto.

Salario Minimo: cosa cambia nel 2023?

Cosa cambia nel 2023 per il salario minimo? E le novità come potrebbero influire sul mondo del lavoro in Italia e in Europa? In Italia il salario minimo è stato fissato a 9 euro l’ora per i lavoratori del settore privato: secondo le linee guida della UE deve infatti garantire uno stile di vita equo e dignitoso. La soglia minima è stata quindi fissata per garantire che i lavoratori abbiano una retribuzione dignitosa e adeguata al loro impegno e al loro lavoro, soprattutto badanti e colf.  Tuttavia, non tutti i lavoratori hanno diritto al salario minimo, poiché alcune categorie di lavoratori, come i giovani in età di apprendistato, sono escluse da questa protezione.

Salario minimo in Europa

In ogni caso, nel nostro Paese, attraverso i Contratti Collettivi Nazionali, già da tempo si è nel pieno rispetto di queste normative. Ad esempio, per i lavoratori del settore edile il salario minimo contrattuale è di 14 euro l’ora. Questo significa che un lavoratore del settore edile che lavora 40 ore a settimana riceve un salario minimo netto di 1.680 euro al mese per 13 mensilità. Anche a livello europeo il salario minimo è stato recentemente regolamentato. La nuova normativa prevede che tutti i lavoratori della UE abbiano diritto a un salario minimo adeguato, e che le aziende siano obbligate a rispettare queste norme. Questa nuova regolamentazione ha l’obiettivo di garantire che i lavoratori europei abbiano una retribuzione equa e dignitosa, indipendentemente dal paese in cui lavorano.

La soglia minima aumenta?

Nel 2023 alcune novità riguardanti il salario minimo potrebbero avere un impatto significativo sul mondo del lavoro. In primo luogo, la soglia minima in Italia potrebbe essere aumentata per garantire che i lavoratori abbiano una retribuzione ancora più adeguata al loro impegno e al loro lavoro. Inoltre, potrebbero essere introdotte nuove regolamentazioni per garantire che tutti i lavoratori, compresi quelli delle categorie protette, abbiano diritto al salario minimo. Novità che avrebbero un impatto significativo sulle aziende, soprattutto sulle piccole e medie imprese, che potrebbero trovarsi in difficoltà nel sostenere questi aumenti.

I pro e i contro del possibile aumento

Il nuovo salario minimo europeo ha l’obiettivo di ridurre la povertà tra i lavoratori e migliorare la qualità della vita. Tuttavia, alcuni esperti temono che l’aumento del salario minimo possa causare un aumento dei prezzi, poiché le aziende potrebbero dover aumentare i listini per coprire i costi del salario minimo. Inoltre, c’è il rischio che alcune aziende decidano di ridurre il numero di dipendenti, o di delocalizzare la produzione in paesi con salari più bassi. Per questo motivo, le autorità tendono a intavolare trattative con sindacati e rappresentanti delle aziende, proprio per cercare di arrivare a un accordo che sia favorevole per aziende e lavoratori.

Dominio .it: nel 2022 rallenta il web “italiano”

Il 2022 per il web nostrano è un anno di stasi fisiologica. Un andamento simile si era già visto negli anni della crisi del 2008, quando incertezza ed emergenza economica avevano fatto segnare tassi bassissimi di presenza .it in Rete, per poi risalire a partire dal 2010-2011. Secondo i dati rilevati dal Registro .it, l’organo tecnico dell’Istituto di Informatica e Telematica del Cnr e anagrafe dei domini a targa italiana, le nuove registrazioni sono in calo del 13% rispetto al 2021, e sono 475.768 i nuovi domini .it registrati (+0,50%), per un totale di 3.467.693 domini .it attualmente in Rete. Registro .it ipotizza quindi che i dati 2022 siano stati influenzati anche dagli ultimi avvenimenti internazionali, tra emergenza sanitaria ancora in corso, crisi geopolitiche e ricadute in tutto il mondo su consumi e imprese.

Meno persone fisiche e imprese, più liberi professionisti e “stranieri”

A conferma di un’annata di stasi è anche il calo generale nelle categorie monitorate mensilmente da Registro .it. Da gennaio a ottobre 2022 diminuiscono quasi tutti i settori: le registrazioni attribuite a persone fisiche scendono del 29% rispetto allo stesso periodo del 2021, quelle relative a imprese -14,7%, enti pubblici -13,9%, e no profit -14,5%. In positivo i liberi professionisti (+3,1%), categoria che risponde alle crisi affidandosi al digitale, come aveva fatto nel 2021 (+35%) in risposta alle chiusure del 2020. Inedite del 2022 sono le registrazioni appartenenti alla categoria ‘stranieri’, nuovi domini .it registrati da cittadini e organizzazioni di altri Paesi dell’Unione, oppure da aziende con almeno una sede nella UE. Nel periodo considerato segnano infatti +66,7%.

Meno di un quarto è donna

Sul totale degli italiani che hanno registrato un dominio .it meno di un quarto è donna: 24,8% contro il 75,1% di rappresentanza maschile, e quanto all’età, la maggior parte è compresa nella fascia dai 42 ai 49 anni per entrambi i sessi. Sempre nel periodo preso in esame dalla rilevazione, emerge poi che il Sud Italia e le Isole continuano a essere il ‘fanalino di coda’ dell’Italia digitale.

Al Nord 384,9 domini ogni 10.000 abitanti

Sono le regioni del Centro-Nord ad avere il tasso di penetrazione più alto all’interno del Paese, con in testa Trentino-Alto Adige, Lombardia e Valle d’Aosta. In coda, Basilicata, Sicilia e Calabria. Una situazione molto simile anche per le province, dove Milano ottiene il primato per tasso di penetrazione, con 559 domini ogni 10.000 abitanti, seguita da Bolzano (495), Firenze (462), Rimini (451) e Bologna (443). In coda alla rilevazione, le province del Sud e delle Isole, ben al di sotto della media nazionale (307) e che occupano tutte le ultime dieci posizioni, con Crotone (170), Caltanissetta (154) ed Enna (146) ultime in classifica. Nel complesso, è il Nord ad avere in media il tasso di penetrazione più alto del Paese, con 384,9 domini ogni 10.000 abitanti, seguito dal Centro (378,1) e dal Sud e le Isole (236,4).

Come cambiano i luoghi di lavoro?

Come sarà l’ufficio del prossimo futuro? Sarà biofilico, ovvero capace di di favorire l’integrazione dell’uomo con la natura, il benessere fisico e mentale dei lavoratori, ma anche in grado di ispirare e ospitare momenti di condivisione. Lo rivela l’indagine condotta da Nomisma per conto di Europa Risorse Sgr sui nuovi luoghi di lavoro, presentata presso la sede di Assolombarda di Milano, insieme al progetto di riqualificazione urbana realizzato da Welcome Milano per sostenere la qualità della vita dei lavoratori grazie ad elementi come la sostenibilità ambientale e la connessione tra persone e natura.

Dopo la pandemia è l’ora di tornare in un ufficio inclusivo, sostenibile e collaborativo

“Ci interessava capire come nel post Covid la diffusione di un lavoro ibrido, in parte da casa e in parte in ufficio, in generale smart, impattasse sui luoghi fisici, in particolare sugli uffici” ha spiegato Marco Leone, senior advisor Nomisma. “Abbiamo riscontrato da parte dei lavoratori una certa ritrosia a rientrare tutti i giorni in ufficio: un po’ perchè si è scoperta la comodità di lavorare da casa, un po’ per le difficoltà nei movimenti; le aziende, dall’altro lato, preferirebbero avere il lavoratore in ufficio perché questo garantisce una maggiore produttività e per una maggiore possibilità di interazione. Come unire queste due esigenze? Le aziende cercano di andare incontro al lavoratore, in particolare i giovani e i nuovi talenti hanno bisogno di essere convinti ad arrivare in azienda. Pertanto, quasi tutte le società o almeno le più grandi hanno definito una modalità di lavoro ibrido, 50% da remoto e 50% in ufficio. Ma quel 50% di tempo che si spende in ufficio non deve essere più dedicato esclusivamente al lavoro nella propria scrivania, ma deve essere rivolto all’interazione, alla collaborazione. Quindi tutti gli uffici dovrebbero in futuro avere una serie di accorgimenti in termini di spazi, layout e attrezzature che agevolino la collaborazione e l’interazione fra le persone. Un esempio su tutti: una volta esisteva la sala riunioni standard, in futuro ci saranno diverse tipologie di sale riunioni, da 2, da 4, da 6, da 8 da più persone, ci saranno luoghi dedicati alla collaborazione informale, per bersi un caffè, pranzare o fare yoga insieme, per interagire e collaborare, invogliando le persone a tornare in ufficio” ha chiarito il rappresentante di Nomisma. 

La ricetta della perfezione

La ricerca ha analizzato la relazione che le persone hanno con il proprio luogo di lavoro e quanto questo sia orientato al futuro, con ripercussioni sulle emozioni percepite entrando in ufficio. Soltanto il 37% dei lavoratori si sente ispirato e solo il 17% prova felicità, mentre il 30% dei rispondenti ha dichiarato di provare ansia e il 38% noia. 
“Negli ultimi 12 mesi, i fattori che hanno determinato uno stato d’animo negativo al lavoro sono dipesi dalla ricerca di maggiori soddisfazioni economiche (45%), da una diminuzione della concentrazione dovuta ad ambienti poco favorevoli per lavorare (24% che sale al 41% per coloro che si recano in ufficio con uno stato di ansia), dalla ricerca di incarichi più mirati e soddisfacenti (26%) e di nuove opportunità di carriera (24%)” osserva Roberta Gabrielli, Senior Project Manager Nomisma.. Di contro, gli elementi in grado di determinare un approccio positivo al lavoro sono stati la flessibilità lavorativa (25%, che sale al 32% per coloro che si recano in ufficio provando sensazioni di felicità), il work-life balance (24%), la coerenza nell’etica e nei valori aziendali (12%) e una completa attenzione al benessere della persona (8%).

Favorire la contaminazione

Per i lavoratori, pertanto, l’ufficio ideale del futuro dovrebbe permettere di organizzare il lavoro anche in funzione delle esigenze personali per l’88%, favorire la “contaminazione” positiva (81%) e la condivisione con i cittadini di spazi comuni per attività di wellness e welfare (70%). In conclusione, a guidare la scelta della sede aziendale ideale per i lavoratori sono sia elementi hard – come la vicinanza alla metropolitana, la struttura dell’edificio, l’organizzazione della luce, del verde e degli spazi, e la sua collocazione all’interno della città – che aspetti soft, che impattano sulla crescita professionale della persona e sull’organizzazione del suo lavoro in azienda.

Passaggio generazionale in azienda, cosa non funziona in Italia?

Nei prossimi decenni, in un futuro ormai molto vicino, in Italia il numero dei pensionati supererà quello dei lavoratori. A scattare la fotografia dell’evoluzione del nostro Paese sono Unioncamere con Infocamere, che hanno esaminato i dati attuali e previsto la loro evoluzione.

Le imprese invecchiano

Di pari passo con l’andamento demografico del nostro Paese, con l’età media che si alza di anno in anno, anche le aziende invecchiano. In dieci anni, dal 2012 al 2022, i giovani under 30 con cariche di governance nelle aziende si sono ridotti di 130 mila unità mentre gli over 70 sono cresciuti di 280 mila.Nell’ultimo decennio, i titolari di impresa tra i 18-29 anni sono calati del 22,9% e come fa notare lo studio, questi numeri si spiegano con “l’effetto statistico della demografia negativa in una misura che può essere stimata al 20%, le coorti si riducono, le persone passano nelle classi di età superiori e non vengono rimpiazzate da nuovi ingressi”.

Pericolo di estinzione?

Di questo passo, è evidente che il sistema imprenditoriale italiano, da sempre la spina dorsale dell’economia del Paese, è destinato ad estinguersi. Ed è altrettanto chiaro che, per la sopravvivenza dell’imprenditorialità tricolore, serva l’immissione di nuove risorse umane a oggi assenti. A livello geografico, la situazione – l’invecchiamento delle imprese – non è proprio omogenea. Alcune regioni italiani sembrano soffrire maggiormente la penuria di nuovi giovani imprenditori: negli ultimi dieci anni, lo stock di imprese giovanili nelle Marche fa segnare -31,7%, -29,8% in Abruzzo, -29% in Toscana e -26,7% in Molise.

Aziende troppo senior e senza re-skilling

Se ci si sposta sulla fascia over 50, c’è stato invece un vero e proprio boom: dal 2012 al 2022, quasi tutte le cariche (titolare, amministratore, dirigente tecnico) crescono tra il 15 e il 25%. In termini assoluti ci sono in più 188 mila titolari di impresa, 365 mila amministratori e 65 mila dirigenti tecnici, guidati da over 50. Alla luce di questi numeri, riferisce Adnkronos, è evidente come l’effetto demografico sta portando le imprese italiane verso un’obsolescenza umana ma anche e soprattutto di competenze. Il re-skilling e l’age management in azienda non viene affrontato seriamente pur in presenza di organici non più giovani. Come rilevato da una ricerca condotta da Fondazione Sodalitas, AIDP (Associazione Italiana per la Direzione del Personale) e Università Cattolica del Sacro Cuore, 1 azienda su 4 si occupa di age management in modo sistematico. Solo il 14% delle imprese implementa percorsi di mobilità interna o di sviluppo di carriera per i propri dipendenti senior.

Le nuove abitudini digitali healty per il 2023

Sono cinque le abitudini digitali più sane, ovvero, gli accorgimenti che oltre a rafforzare la sicurezza dei dati personali aiutano a ‘semplificare la vita’. Secondo gli esperti di Kaspersky tra i buoni propositi da pianificare con l’inizio dell’anno c’è anche quello di rivedere le password. È il momento giusto per controllarle e cambiarle, ricordando sempre la regola principale: non utilizzare la stessa password per più account. Un password manager, o un generatore automatico di password, aiutano a generare password uniche e complesse per ogni account, sebbene l’utente dovrà ricordare solo una master password. Inoltre, per proteggere i dati personali o aziendali, è possibile prevenire i furti degli stessi utilizzando servizi che analizzano le ultime fughe, e verificano se contengono i propri dati.
Anche in questo caso, i password manager avanzati includono questa funzione, e notificano gli utenti se vengono trovati un login o una password salvata.

Usare una VPN garantisce una privacy maggiore 

Un tempo destinate a utenti esperti e aziende, oggi le VPN sono un must per garantire la sicurezza e la privacy dei dati personali online. Le moderne soluzioni VPN soddisfano tutte le esigenze degli utenti, sono facili da usare e forniscono un’elevata velocità di traffico, fino a 4K. La gamma di scenari possibili per l’utilizzo di una VPN si è notevolmente ampliata. Permette infatti di fare acquisti online in tutta sicurezza, utilizzare servizi di streaming ovunque, o accedere a contenuti locali. Inoltre, permettono di nascondere il proprio indirizzo IP a siti web e inserzionisti, garantendo maggiore privacy.

Archiviare i documenti in un’applicazione di password manager

Grazie alla digitalizzazione dei servizi, scansioni e versioni elettroniche dei documenti sono ormai utilizzate con la stessa frequenza degli originali cartacei. Ma come archiviare le versioni elettroniche in modo che rimangano al sicuro e non cadano in mani indesiderate? Creare una cartella sul proprio computer o caricarla su un cloud protetto da password sono opzioni poco sicure. Un’alternativa molto più sicura è archiviare i documenti in un’applicazione di password manager. Si tratta di veri e propri archivi elettronici crittografati, molto più sicuri rispetto alle modalità di archiviazione più tradizionali, perché possono essere decifrati solo con l’aiuto di una password principale conosciuta solo dall’utente.

Internet più sicuro per i bambini

Oggi i bambini dispongono di dispositivi digitali fin dalla più tenera età, intorno ai cinque anni. Affinché il percorso dei bambini nel mondo digitale sia sicuro è importante insegnare e condividere con loro le regole della sicurezza online fin dall’inizio. Per rendere questi argomenti più piacevoli e interessanti i genitori possono utilizzare giochi e altre forme di intrattenimento. Inoltre, conviene approfondire gli interessi online dei propri figli chiedendo informazioni, ad esempio, sulla loro serie preferita, o ascoltando insieme brani musicali. I software per la protezione dei bambini online possono poi aiutare i genitori a conoscere meglio le attività dei figli, e sviluppare sane abitudini digitali fin da piccoli.

Le previsioni per il 2023 nel mondo del lavoro

Pandemia, necessità di organizzarsi diversamente, e innovazioni tecnologiche hanno accelerato tendenze che se in alcuni paesi erano già consolidate in Italia stentavano a decollare. Ma secondo Jabra nel 2023 l’ambiente professionale sarà ancora molto simile a quello del 2022, con le aziende che perfezioneranno ulteriormente l’approccio al lavoro ibrido. Nonostante il clamore sul metaverso, e i cambiamenti nel modo di lavorare, la tecnologia per spostare il posto di lavoro in un ambiente virtuale immersivo è ancora lontana.  E se il periodo delle grandi dimissioni è stato superato, la tendenza ad abbandonare il posto di lavoro è destinata a stabilizzarsi, ma non a scomparire.

Benefit digitali: corsi online e abbonamenti ad app per la salute mentale

Per invertire questa tendenza i leader devono mostrare maggiore riconoscimento per le sfide finanziarie che stanno affrontando i dipendenti e il ruolo mutevole che sta assumendo il lavoro nella vita delle persone. Nel 2023, quindi, i lavoratori assisteranno all’aumento dei benefici digitali per la loro attività. Uno studio di Microsoft rileva che il 76% dei dipendenti resterebbe più a lungo in un’azienda se potesse beneficiare di un maggiore supporto all’apprendimento e lo sviluppo. Nel 2023 le aziende integreranno quindi più diffusamente benefici digitali quali corsi online, abbonamenti ad app per la salute mentale e tecnologie di collaborazione professionale. Inoltre, secondo il Jabra Hybrid Ways of Working 2022 Global Report, dall’inizio della pandemia circa la metà delle imprese a livello globale ha riconfigurato i propri uffici.

Da spazi di lavoro basati sui compiti a spazi basati sull’interazione

Nel 2023 si assisterà al passaggio da spazi di lavoro ‘basati sui compiti’ a quelli ‘basati sull’interazione’. Ciò significa ridurre l’ingombro degli immobili a favore di uffici più concentrati e costruiti ad hoc, con una tecnologia che consenta alle persone di sperimentare interazioni autentiche con i colleghi, anche quelli che non sono presenti in ufficio. I leader però dovranno affrontare l’impatto sui dipendenti dell’incertezza macroeconomica. L’incombere della recessione e il rallentamento della domanda preoccupa le aziende, ma queste devono anche considerare il peso dell’incertezza macroeconomica sulla salute mentale dei dipendenti.
Se le aziende vogliono superare la tempesta, devono adottare misure proattive per sostenere i dipendenti in questo periodo incerto.

Fidelizzazione, formazione, benessere, e nuove tecnologie per l’ambiente ibrido

La pandemia ha portato a rapidi cambiamenti nelle modalità di lavoro, ma per molte imprese la presenza di call center ibridi o flessibili sta diventando una caratteristica permanente. Amazon, ad esempio, sta riconfigurando i suoi call center da remoto al 100%. Allo stesso tempo, i call center non sono stati immuni dall’impatto delle grandi dimissioni, che combinato a una potenziale recessione hanno creato una tempesta perfetta per i leader. Nel 2023, riferisce Askanews, si si può quindi aspettare che le aziende si concentrino maggiormente sulla fidelizzazione, la formazione e il benessere, e che implementino nuove tecnologie per reinventare il ruolo del supervisore in un ambiente remoto o ibrido.

Gli italiani e i regali di Natale: il cibo è sempre il più gradito

Quali sono le abitudini e le preferenze degli italiani alle prese con i regali di Natale? Secondo i risultati di una ricerca condotta da SWG per Deliveroo quasi un italiano su tre è insoddisfatto dei doni ricevuti per Natale, soprattutto i 35-44enni, oltre il 40% di chi solitamente non li gradisce.
Ma se il regalo non soddisfa, come fare? In questo caso, via libera al ‘riciclo’. Una consuetudine a cui gli italiani fanno spesso ricorso, e che dilaga anche tra i giovani della GenZ. Il 41% di loro infatti ricicla il dono non gradito. Tra i regali più a ‘rischio’, profumi, guanti, sciarpe, bigiotteria e il tipico maglione di Natale, mentre il buon cibo mette tutti d’accordo, in modo trasversale, dai più giovani agli over 65. Insomma, il regalo perfetto per andare sul sicuro, e non sbagliare, è proprio il cibo.

Dai profumi ai portafogli: i doni più a “rischio riciclo”

Secondo quanto emerge dalla ricerca, circa un italiano su tre (30%) si dice insoddisfatto di quanto solitamente riceve in dono. Una percentuale che sale al 43% tra i Millennials, la fascia d’età tra i 35 e i 44 anni. Quando il regalo non piace, la soluzione è riciclarlo. Secondo la ricerca ricicla i doni il 24% degli italiani, con punte del 41% tra i più giovani della Generazione Z, la fascia d’età compresa tra i 18 e i 24 anni.
Tra i regali a maggior ‘rischio riciclo’, i profumi (15%), gli accessori invernali, come sciarpe e guanti (13%), le candele e i profumatori per l’ambiente (11%), gli accessori femminili, come foulard o bigiotteria (9%), e ancora, cravatte e portafogli da uomo (8%), e in fondo alla classifica il classico maglione di Natale (4%).

Per non sbagliare meglio puntare sulla gastronomia

Per non sbagliare, ed evitare così il rischio di vedere bollato il proprio pensiero come perfetto da riciclare, gli italiani hanno una soluzione: il buon cibo. Più di nove su dieci (91%) concordano nell’affermare che ricevere “qualcosa di buono da mangiare o fare un’esperienza gastronomica” sia il regalo giusto per andare sul sicuro. Una scelta, quindi, che mette d’accordo tutti e unisce intere generazioni. Si orientano verso il buon cibo l’85% dei giovanissimi, tra i 18 e i 24 anni, fino agli over 65, dove la percentuale arriva fino al 94%.

Un cesto di prodotti gourmet o una bottiglia di vino? 

Le opzioni preferite? Il cesto di prodotti gastronomici guida la classifica con il 44% delle preferenze, seguito da una bottiglia di buon vino (33%), e sul terzo gradino del podio, i tradizionali panettoni, pandori e altri dolci tipici natalizi (28%). Seguono una gift card esperienziale (23%), e una selezione di alimenti gourmet (21%). In ogni caso, per il 93% degli intervistati il regalo perfetto deve essere innanzitutto fatto con il cuore. Meglio ancora, se condivisibile (71%) e divertente (70%).

Come governare la crisi? Servono riforme e investimenti esteri

Dopo un 2021 che aveva in parte fugato le paure della pandemia, la guerra russo-ucraina scatenatasi all’inizio di quest’anno, e i dati relativi all’andamento dell’inflazione, hanno congelato le aspettative positive maturate un anno fa. Oggi, i giudizi della comunità internazionale convergono sulla prospettiva di un rafforzamento del ruolo che l’Italia può svolgere nella cornice dell’Unione europea, privilegiando iniziative concertate con gli altri Paesi Ue. Secondo il rapporto Aibe-Censis 2022, realizzato per cogliere le opinioni degli investitori esteri sull’Italia a seguito dell’instabilità economica e l’incertezza geopolitica, il 71,2% di un panel qualificato si dichiara molto d’accordo con la visione della comunità internazionale, e il 18,6% è abbastanza d’accordo.

Maggiore integrazione con i Paesi del Mediterraneo

Il giudizio sulla prospettiva di agire liberamente nel contesto internazionale risulta più sfumato: il 49,2% dei rispondenti si dichiara molto d’accordo, e il 37,2% è abbastanza d’accordo con la possibilità di sviluppare iniziative italiane a favore di una più ampia partecipazione agli scambi mondiali, soprattutto nell’ambito dei prodotti manifatturieri. L’ipotesi di una maggiore integrazione dell’Italia con i Paesi del Mediterraneo trova invece molto d’accordo il 30,5% degli intervistati, ai quali si aggiunge il 37,3% che si dichiara abbastanza d’accordo

Riforme: PA, giustizia, fisco e concorrenza

Ai rappresentanti della comunità internazionale è stato chiesto di individuare quale sarebbe la strategia più urgente e appropriata per governare la fase di crisi. Per il 71,2% degli intervistati la priorità numero uno consiste nelle iniziative volte alla riforma della Pubblica Amministrazione, della giustizia, del fisco e della concorrenza. A seguire (64,4%), la necessità di ridurre i procedimenti amministrativi e i vincoli burocratici per la realizzazione di investimenti, compresi quelli indirizzati alla transizione energetica. L’impegno nell’attuazione del Next Generation Eu, anche coinvolgendo risorse private in progetti di sviluppo, è sottolineato dal 50,8%. Il panel si mostra più tiepido sulla utilità di trasferimenti di risorse pubbliche a imprese e famiglie (42,0%), e sull’ipotesi di contenimento del debito pubblico attraverso il controllo del costo delle pensioni e la razionalizzazione delle spese (40,7%).

Facilitare l’ingresso di capitali stranieri nelle Pmi

La maggioranza degli intervistati (66,1%) si dichiara molto d’accordo su iniziative finalizzate all’incremento dei flussi degli investimenti esteri che contemplino la semplificazione normativa e il riordino degli strumenti di incentivazione degli insediamenti produttivi. Questo, per facilitare l’ingresso di capitali stranieri nelle Pmi che competono sui mercati internazionali e sono orientate all’innovazione tecnologica. Viene giudicato rilevante anche un possibile intervento che promuova sul piano internazionale la piazza finanziaria di Milano (52,5%), mentre si registra una minore convinzione per quanto riguarda la liberalizzazione di alcuni settori, come il gas, il trasporto pubblico, le ferrovie, i pubblici esercizi e le professioni (25,4%). Tra le diverse priorità, la privatizzazione delle imprese che negli ultimi anni sono cadute sotto il controllo diretto o indiretto dello Stato è quella che ottiene il consenso più basso (15,3%).

Black Friday e Cyber Monday, quanti italiani comprano e cosa?

Più o meno l’84% dei nostri connazionali, vale a dire più di 4 persone su 5, fa acquisti durante il Black Friday e il Cyber Monday. Una conferma del successo di queste operazioni, che di anno in anno conquistano una fetta sempre maggiore di fan. I numeri sopra espressi sono l’evidenza emersa dallo studio PwC Black Friday/Cyber Monday Italy 2022 condotto fra il 26 ottobre e 1° novembre 2022 su un campione di 2.025 adulti italiani di età superiore ai 18 anni rappresentativi a livello nazionale. 

Perchè si compra e quali sono i prodotti preferiti?

Il 47% farà acquisti se ritiene che ci sia un’offerta sufficientemente conveniente, mentre solo il 7% dichiara di non essere interessato ad acquistare. Tra gli italiani interessati a fare shopping, quattro su cinque (82%) compreranno oggetti per sé stessi, mentre il 65% acquisterà prodotti per la propria famiglia. Il 41% di italiani acquisterà prodotti tecnologici, capi d’abbigliamento e accessori. Seguono articoli per la casa (21%), prodotti di salute e bellezza (20%) e libri (19%).

Prezzi più alti che in passato?

Nel 2022, gli italiani hanno riscontrato un aumento dei prezzi in tutte le categorie di spesa rispetto all’anno precedente. Il segmento con l’aumento più marcato sono i prodotti alimentari e le bevande (96%), seguito da viaggi e tempo libero (83%), salute e bellezza (83%) e abbigliamento, scarpe e accessori (83%). Per otto italiani su dieci, l’inflazione e l’aumento dei prezzi di energia e alimentari modificheranno i comportamenti d’acquisto. Più di un terzo del campione intervistato dichiara che comprerà solo ciò di cui ha realmente bisogno (35%), il 18% acquisterà prodotti più economici (18%), mentre il 13% farà shopping in negozi con prezzi più convenienti e competitivi (13%). Solo un consumatore su cinque dichiara che acquisterà meno di quanto avrebbe fatto negli anni passati (17%). Il 35% degli italiani è consapevole che le offerte del Black Friday e Cyber Monday saranno meno convenienti a causa dell’aumento dei costi per le aziende. Un italiano su quattro prevede inoltre che alcuni prodotti non saranno disponibili a causa dell’aumento dei costi di approvvigionamento e di possibili interruzioni e ritardi lungo la supply chain.

A quanto ammonta lo scontrino medio?

La ricerca PwC evidenzia che lo scontrino medio degli italiani per gli acquisti durante Black Friday e Cyber Monday ammonterà a 222 euro, in flessione rispetto all’importo medio speso per persona nel 2021, pari a 241 euro. Gli uomini prevedono di spendere più delle donne, con uno scontrino medio pari a 253 euro contro quello femminile pari a 191 euro. Gli italiani pagano preferibilmente con carta di credito (47%), e poi con PayPal (34%) e in contanti (10%).