Le parole più cercate su Google per le ferie post lockdown

Dopo lo stop forzato del lockdown gli italiani hanno una voglia di relax e svago, e dopo l’annuncio del bonus vacanze si registra la prima impennata di ricerche a tema vacanze su Google. Hotel, e soprattutto case vacanze, mete ambite da nord a sud, oltre al bonus per godersi le ferie. È la fotografia scattata da AvantGrade.com e basata sui trend Google dell’ultimo periodo, e in particolare, è nel periodo dal 10 al 16 maggio che è fortemente emersa la voglia di svago degli italiani. Soprattutto nel centro nord, che si è rivelato molto attivo in rete, con Umbria, Lombardia, Valle d’Aosta, Piemonte, Lazio e Toscana le regioni più dinamiche in questo senso. Cambiano invece i dati delle città. Napoli ha più voglia di vacanze, seguita da Bologna, Genova, Brescia e Roma.

Impennata per “bonus vacanze covid-19” e “speed vacanze” da Nord a Sud

I dati si fanno ancora più interessanti analizzando le ricerche correlate. Google fa registrare una forte impennata sulla ricerca “bonus vacanze covid-19” ma anche su “bonus vacanza come ottenerlo” e “chi accetta bonus vacanze”.

Emerge però anche l’irrefrenabile voglia di ferie dei single. La ricerca “speed vacanze” segna un +4.050%. Tra gli argomenti correlati, le ricerche per destinazione regalano una conferma importante: gli italiani cercano opportunità da nord a sud del nostro Paese. In particolare, le mete più ambite sembrano essere Gallipoli (+300%), Riviera del Conero (+200%), Isola d’Elba (+200%), Isola del Giglio (+200%) e Vieste (+180%).

Navigare in cerca di soluzioni tra parchi a tema, guest house e mete specifiche

Chi ha effettuato maggiormente ricerche nel settore viaggi ha navigato in cerca di soluzioni diverse, tra parchi a tema, guest house e mete specifiche. Per Curon Venosta – comune Italiano balzo del 950% (legato anche all’omonima serie TV), mentre parco acquatico segna un +250%. Poi ci sono le Cinque Terre, con un +200%, Finale Ligure (+150%), Porto Cesareo (+140%), Palinuro (+140%) e Sperlonga (+140%). Insomma, voglia di mare sì, ma più in generale un forte desiderio di staccare la spina, riporta Askanews.

Hotel a Palinuro, villaggi in Campania, e casa vacanza in Puglia

Per quanto riguarda gli hotel, le regioni più attive nella ricerca sono state Trentino Alto Adige, Emilia Romagna, Veneto, Lombardia e Val d’Aosta. Un piccolo spaccato che mostra la voglia di evadere dopo il lockdown, soprattutto dai territori più colpiti. Chi ha cercato un hotel si è soffermato su località specifiche, che infatti hanno fatto registrare forti picchi, come Palinuro (+250%), Varazze (+200%), Finale Ligure (+170%), Tropea (+170%) e Ponza (+170%). Anche i villaggi sono molto ambiti, soprattutto al Sud. Campania, Puglia e Basilicata sono le regioni più attente a questa soluzione. E per quanto riguarda le case vacanza, Google dimostra quanto sia un’opzione che piaccia a campani, laziali e siciliani. La parola chiave più ricercata in tal senso è “casa vacanze puglia” (+250%).

La rete in Italia ha retto l’urto da Covid-19

La pandemia non ha travolto la rete internet italiana, che ha retto l’onda d’urto nonostante decine di milioni di italiani abbiano preso d’assalto il web durante l’emergenza sanitaria. Chiusi in casa per settimane gli italiani hanno passato molto più tempo a guardare film e video online e fare videochiamate, oltre a essere costretti a lavorare da casa sfruttando le connessioni internet personali.

Lo dimostra l’osservatorio statistico Speed Test di Komparatore.it, il portale di comparazione tariffaria, che ha verificato la velocità delle connessioni internet degli utenti italiani e ha rilasciato i dati relativi ai test effettuati durante il quattro mesi da febbraio a maggio 2020.

In quattro mesi eseguiti 211.372 speed test

L’elaborazione compiuta dall’osservatorio è il risultato dei dati raccolti dai test della velocità internet eseguita dagli utenti, che nel quadrimestre febbraio-maggio 2020 ha contato un totale di 211.372 speed test. Più in particolare, nel mese di febbraio gli speed test sono stati 27.276, a marzo 42.245, ad aprile 58.421, e a maggio 83.430. Dai risultati emerge che al termine della fase acuta dell’emergenza Covid-19, e con la revoca delle misure restrittive, in Italia si è avviata la fase di decongestionamento della rete, dovuta alla minor richiesta di dati da parte degli utenti non più costretti tra le mura domestiche.

A febbraio è evidente un calo di performance nella velocità di download e upload

Dai risultati dell’osservatorio di Komparatore.it nel mese di febbraio risulta inoltre evidente un calo di performance, sia per quanto riguarda la velocità di download sia quella di upload, mentre in riferimento al mese di aprile si nota un miglioramento prestazionale generalizzato. Il miglior operatore è risultato Fastweb, con variazioni positive per la velocità media di upload (variazione febbraio/aprile +5,91 Mbps /+ 16,13%) e un aumento delle performance rispetto al periodo precedente al Covid-19, mentre il peggiore è Vodafone (-9,35 Mbps /- 21,15%).

La latenza media è parametro fondamentale nel calcolo delle performance

Discorso a parte merita la cosiddetta latenza media, chiamata anche ping, ovvero il tempo che intercorre tra la richiesta di un dato (input) e la ricezione della risposta (output). Si tratta di un parametro fondamentale nel calcolo delle performance delle connessioni, dove bassi valori della latenza consentono di poter effettuare videochiamate, giocare online, o effettuare chiamate voip.

Connessioni con velocità molto alte, ma con latenza alta, sono meno performanti e utilizzabili rispetto a connessioni con velocità più basse, ma con latenze inferiori (meno di 25ms).

Condizionatori e Covid-19, le regole da seguire per non correre rischi

Con la Fase 2 dell’emergenza sanitaria, e in vista del caldo estivo, oltre a tamponi e mascherine si discute anche dell’opportunità o meno di usare impianti di raffrescamento e climatizzazione dell’aria, dal momento che questi potrebbero essere veicolo di diffusione del virus in ambienti indoor.

“Negli ambienti confinati aperti al pubblico seguire le norme di distanziamento e usare tutti la mascherina è doveroso – spiega Alessandro Miani, presidente di Sima (Società italiana di medicina ambientale) – ma al contempo non possiamo trascorrere i prossimi mesi estivi soffrendo il caldo nelle nostre case o sul posto di lavoro. È quindi necessario seguire poche semplici regole che ci consentano di usare i nostri impianti in sicurezza”.

I consigli da seguire per rimanere al fresco in sicurezza

Per assicurare un uso più sicuro dei sistemi di raffrescamento, condizionamento e climatizzazione in ambienti chiusi di piccole o medie dimensioni, prima dell’accensione dell’impianto si consiglia di lavare con acqua e sapone liquido i filtri degli split e pulire le parti esposte degli stessi con un prodotto igienizzante. Dopo aver lasciato asciugare le superfici e i filtri riporli nei loro alloggiamenti.

I motori esterni, solitamente posizionati su balconi, terrazzi, tetti o a terra, dovrebbero essere sanificati periodicamente, meglio se da tecnici specializzati, che usano un sistema di sanificazione a shock termico per iniezione, e contemporanea aspirazione di vapore ad alta temperatura e pressione.

Stesso intervento è consigliabile per split o radiatori che presentano evidenti segni di degrado, sporcizia, presenza di polveri, muffe e incrostazioni.

Per gli impianti multizona occorrono maggiori attenzioni

Gli impianti canalizzati devono essere sanificati da personale esperto prima di rendere operativo il sistema. Per gli impianti di condizionamento multizona, destinati al controllo ambientale di umidità e temperatura dei locali serviti (grandi ambienti, pubblici e privati come uffici aperti al pubblico, cinema, teatri, palestre, poliambulatori, fabbricati industriali), maggiori attenzioni devono essere dedicate al corretto mantenimento/pulizia e sanificazione/disinfezione/bonifica delle sezioni principali di scambio, quali batterie calde e fredde, umidificazione ad acqua e batterie di post-riscaldamento, canalizzazioni di distribuzione aria e dello stato dei filtri ai vari livelli.

Periodici ricambi d’aria e sistemi di purificazione o monitoraggio

È poi consigliabile aprire le finestre per alcuni minuti più volte al giorno o dotarsi di sistemi di Ventilazione Meccanica Controllata (VMC), in grado anche di filtrare l’aria esterna in entrata.

Sono consigliati anche sistemi di purificazione o monitoraggio dell’aria indoor, purché validati da Enti terzi pubblici e dotati di certificazioni che ne attestino il reale potenziale di mitigazione dei contaminanti aero-dispersi (compresi virus e batteri).

Evitare poi il flusso dell’aria dagli split dall’alto verso il basso o direttamente rivolti verso le persone presenti nell’ambiente: meglio direzionare le griglie esterne verso l’alto. In estate mantenere tassi di umidità relativa tra il 50% e il 70%, e in inverno tra il 40% e il 60%. Un semplice igrometro è sufficiente per il controllo dell’umidità indoor.

Violazioni dei dati, come gestire le informazioni personali dei clienti

Le informazioni personali dei clienti sono oggetto di violazione dei dati più spesso di qualsiasi altro tipo di informazione aziendale. L’indagine IT Security Risks di Kaspersky dimostra che questo avviene nel 40% dei casi. Di conseguenza, il 29% delle aziende riscontra problemi nel trovare nuovi clienti dopo una violazione dei dati. Questo tipo di violazione può danneggiare la reputazione, comportare enormi perdite finanziarie, e può tradursi in sanzioni normative. Per consentire alle aziende di migliorare l’elaborazione dei dati Kaspersky ha aggiunto alla propria piattaforma alcuni corsi sul GDPR e la gestione dei dati sensibili. E per supportarle nell’assicurare che il lavoro da remoto non rappresenti un pericolo per la sicurezza delle operazioni, ha istituito un modulo gratuito sui principi base della sicurezza per il lavoro da casa.

Mantenere riservate le informazioni

Per aiutare le aziende a migliorare le competenze dei propri dipendenti, il gruppo specializzato nella sicurezza ha aggiunto alle attività di formazione proposte all’interno della soluzione Automated Security Awareness Platform alcuni corsi sul GDPR e sulla gestione dei dati sensibili, riporta Adnkronos. Il corso include le regole generali sul trattamento delle informazioni sensibili, compresi i dati personali, i segreti aziendali o i documenti interni che non possono essere divulgati al di fuori dell’organizzazione. Questo approfondimento fornisce ai dipendenti le competenze necessarie per lavorare con questo tipo di informazioni, e mostra come ridurre al minimo i danni in caso di fuga di dati.

Crittografare i dati utilizzando token e altri dispositivi di sicurezza

Ciascuna azienda può affrontare un programma di apprendimento su misura per ogni profilo, assegnato in base al livello di rischio. Grazie a questa differenziazione, il personale riceve solamente le informazioni rilevanti per la propria mansione. Tutti i dipendenti devono sapere come identificare i dati ad accesso limitato, memorizzarli in modo sicuro, utilizzare i servizi informatici o il cloud. E riconoscere il gruppo di persone con cui sono autorizzati a condividerli, sia all’interno sia all’esterno dell’azienda. Coloro che utilizzano risorse interne ad accesso altamente riservato devono essere in grado di crittografare i dati utilizzando token e altri dispositivi di sicurezza.

Il GDPR a portata di tutti, e un modulo per lo smart working

L’approfondimento sul GDPR definisce i requisiti e le responsabilità previste dal regolamento, e si rivolge a tutte le aziende che raccolgono ed elaborano i dati personali dei cittadini dell’UE anche se non si trovano all’interno dell’UE.

Poiché un numero crescente di aziende è stato costretto dalla pandemia a ricorrere al lavoro da remoto, Kaspersky, in collaborazione con Area9 Lyceum, ha rilasciato un nuovo modulo gratuito che migliora le competenze nelle aree più critiche. Come la creazione di password forti, l’aggiornamento del software e la protezione di una rete Wi-Fi domestica.

Fare il cuoco è faticoso, il 47% degli chef è stressato

Sessanta ore di lavoro ai fornelli sono troppe, e gli effetti negativi sulla salute dei cuochi si fanno sentore, e sono misurabili. Il 47% degli chef italiani ha infatti riportato almeno due o più problemi di salute durante la propria vita lavorativa. La relazione tra le variabili lavorative e lo stato di salute è mediata dagli alti livelli di stress professionale presenti nella popolazione dei cuochi in una percentuale che va dal 13.8% al 24.9%. Si tratta dei risultati di uno studio condotto su 710 cuochi italiani, promosso dalla Federazione italiana cuochi e diretto dall’Istituto per la ricerca e l’innovazione biomedica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irib) di Cosenza. Alla ricerca ha partecipato l’Università Magna Graecia di Catanzaro.

Uno dei mestieri più esposti al rischio di stress

Il lavoro dello chef è uno dei mestieri più esposti ai rischi per la salute dovuti allo stress, ma finora non c’era modo di misurare scientificamente quanto sia faticosa l’attività in cucina e quali siano gli effetti negativi sulla condizione fisica nella professione dei cuochi, riporta Ansa. La nuova ricerca è stata pubblicata sulla rivista Frontiers Public Health, e ha interessato 710 chef con determinate caratteristiche medie. L’88% del campione è maschio, con un’età media di 44.4 anni, e un body-mass-index (indice di massa corporea, utilizzato come un indicatore dello stato di peso forma) pari a 28.5. Gli anni di lavoro sono in media 24.9, e le ore di lavoro settimanali 66.4.

Malattie a carico dell’apparato muscoloscheletrico e cardio circolatorio

Dopo una prima fase di validazione dei test, il modello ha rilevato che “gli unici due fattori associati significativamente alla presenza di alti livelli di stress, e di malattie organiche a carico dell’apparato muscoloscheletrico e cardio circolatorio, sono gli anni di servizio e il numero di ore di lavoro settimanali”, precisa Marco Tullio Liuzza, docente di Psicometria dell’Università Magna Graecia. In pratica, lo stress cresce con l’aumentare degli anni di servizio e delle ore settimanali, e finisce col danneggiare l’organismo.

Un numero eccessivo di ore di lavoro ha effetti negativi sulla salute

“Questi dati – continua Antonio Cerasa, ricercatore presso Cnr-Irib e coordinatore della ricerca – sono rilevanti perché gli effetti negativi delle eccessive ore di lavoro sulla salute sono già state riportate in altre categorie lavorative, come chirurghi, personale d’ambulanza, colletti bianchi, poliziotti, militari. Grazie a questa ricerca – aggiunge Cerasa – si conferma quindi che anche nella categoria degli chef superare le 60 ore di lavoro a settimana è un forte fattore predittivo di malattie organiche”.

Cosmetica, un settore in “bellezza”: fatturato a 11,9 miliardi

La bellezza è un settore che sembra non conoscere crisi e che, anzi, attraversa indenne – se non in crescita – le difficili congiunture a livello nazionale e mondiale. Il 2019, poi, è stato un anno particolarmente fortunato per il comparto beauty: a rilevarlo sono le rilevazioni congiunturali a cura del Centro Studi di Cosmetica Italia, che illustrano i dati preconsuntivi dell’anno passato e le previsioni relative al primo semestre 2020.

Crescita a +2,3%

In base alle stime preliminari, il comparto della cosmetica segna a fine 2019 una crescita del 2,3% per il fatturato globale del settore con un valore di 11,9 miliardi di euro.Ottime notizie anche per quanto riguarda le esportazioni che, pur registrando un lieve rallentamento, mostrano la propria dinamicità con un valore di 5 miliardi di euro (+2,9% rispetto al 2018) e incidono in maniera positiva sulla bilancia commerciale che si avvicina ai 2,9 miliardi di euro (+5,5% rispetto al 2018).

L’appeal del Made in Italy anche nel beauty

“Nel panorama manifatturiero l’industria cosmetica italiana esercita un forte richiamo sui mercati internazionali collocandosi, nel confronto con settori contigui, solo dopo vino e moda per i valori del saldo commerciale. La cosmesi è un’industria che fa bene al Paese, in grado, anche in contesti di incertezza, di reagire positivamente investendo in ricerca e sviluppo per rafforzare la qualità dell’offerta” ha detto il presidente di Cosmetica Italia, Renato Ancorotti. Ma, se la cosmetica italiana piace nel mondo, altrettanto accade sul mercato interno: i preconsuntivi 2019 registrano una crescita del 2% della spesa degli italiani per un valore di oltre 10,3 miliardi di euro con analoghe previsioni per il 2020.

La tenuta dei canali professionali

All’interno dell’intero settore, i dati evidenziano l’ottima performance dei canali professionali in merito ai consumi: l’acconciatura professionale segnala infatti un +2% rispetto al 2018, mentre i centri estetici registrano un +0,9%. Un andamento positivo contraddistingue anche profumeria (+2%) e farmacia (+1,8%), rispettivamente secondo e terzo canale per la vendita di cosmetici in Italia; il mass market, che invece rappresenta oltre il 40% della distribuzione, indica una chiusura 2019 a +0,6%. Tra le novità emerse dallo studio emerge c’è un’attenzione crescente verso i cosmetici a connotazione naturale: questi oggi hanno messo a segno un +1,4% segnalato dal canale erboristeria per fine 2019, mentre le dinamiche dell’e-commerce generano ancora una volta trend superiori agli altri canali (+22% per fine 2019).

La multicanalità delle vendite

Le vendite dirette risentono, al contrario, dello spostamento verso forme di distribuzione più innovative e registrano un andamento statico a fine 2019. Infine, il contoterzismo che, ponendosi trasversalmente rispetto ai canali consente di comprenderne l’evoluzione nel medio-lungo termine, segnala a fine anno una crescita del +3,5%.

“Assistiamo a una crescente contaminazione tra canali classici e nuove forme di distribuzione che raccolgono il consenso dei consumatori” spiegail responsabile del Centro Studi di Cosmetica Italia, Gian Andrea Positano. “L’omnicanalità spinge le imprese a rivedere le proprie strategie, creando nuove forme di disintermediazione”.

Dispostivi smart, saranno 3 miliardi nel 2023

Tra smartphone, pc, tablet, smartwatch e bracciali da fitness, smart speaker, auricolari e cuffie nel 2023 saranno commercializzati oltre 3 miliardi di dispositivi smart. È questa la previsione di Canalys, l’analista globale del mercato tecnologico, che evidenzia l’incremento di vendite nei prossimi quattro anni rispetto ai 2,4 miliardi del 2019. Se la metà del mercato smart sarà coperta dagli smartphone, con 1,5 miliardi di unità consegnate nel 2023, a crescere di più però saranno gli auricolari e le cuffie, per cui Canalys  prevede una crescita del +32%, a quota 490 milioni di unità nel 2020, per poi salire a 726 milioni di unità nel 2023.

Smartwatch e smartband, verranno consegnate 215 milioni di unità

La seconda categoria per crescita secondo Canalys è quella degli smart speaker, che segnano +21,7% quest’anno e 150 milioni di pezzi consegnati, che arriveranno a 196 milioni tra quattro anni. Sempre nel 2023, gli analisti prevedono che gli smartwatch e le smartband consegnati nel mondo saranno 215 milioni, mentre i computer fissi e i portatili saranno 249 milioni, e i tablet 115 milioni, riferisce Ansa. Secondo le stime di Gartner, però, PC, anche se smartphone e tablet insieme nel 2020 cresceranno, già a partire dal prossimo anno registreranno una nuova e significativa contrazione.

Gli smartphone continueranno a rappresentare i device più importanti

In ogni caso, sempre secondo Canalys, nel terzo trimestre 2019 il mercato delle smartband e degli smartwatch ha riportato una crescita del +65%, mentre nello stesso periodo gli smart speaker sono cresciuti del +44,9%, trainati da Amazon Echo. E se durante tutto il 2019 gli hearable, o earwear, hanno rappresentato quasi la metà dei dispositivi indossabili in termini di spedizioni, gli smartphone continueranno a rappresentare la tipologia di dispositivo più importante. In pratica, per ogni 100 smartphone spediti ci saranno 8 tablet, 13 smart speaker, 14 smartband, 16 PC, tra notebook e desktop, e 48 dispositivi audio con funzioni smart, ovvero cuffie, auricolari, e TWS.

L’ascesa dei prodotti audio, auricolari e smart speaker I prodotti audio comunque saranno quelli che cresceranno più rapidamente, con 490 milioni di unità spedite nel 2020, +32,1% rispetto al 2019. Questo per una diffusione sempre maggiore di cuffie Bluetooth, auricolari e true wireless, si legge su HDBlog.it. Un’altra tipologia di prodotto in ascesa sono gli smart speaker, con 150 milioni spediti nel 2020, e uan crescita del +21,7% sul

Il Colosseo è l’attrazione più prenotata al mondo

Per il secondo anno consecutivo è il Colosseo l’attrazione più popolare e prenotata al mondo, non solo in Italia. In base ai nuovi dati relativi alle prenotazioni dei viaggiatori su TripAdvisor nel 2019 l’Italia è inoltre l’unica nazione insieme agli Stati Uniti, che si è aggiudicata ben 3 posizioni nella Top 10 mondiale. Oltre al Colosseo, la classifica include infatti i Musei Vaticani (3°) e Piazza San Marco (10°). Tra conferme e new entry rispetto allo scorso anno la classifica nazionale vede invariate le prime due posizioni, occupate da Colosseo (1°) e Musei Vaticani (2°), mentre Piazza San Marco a Venezia, in terza posizione, sostituisce il Canal Grande, assente nella classifica del 2019.

Il Duomo di Milano, la new entry della Top 10 nazionale

La Top 10 nazionale di TripAdvisor conferma la quarta e la quinta posizione, stabili e occupate rispettivamente dal Parco Archeologico di Pompei e dalla Galleria dell’Accademia di Firenze. Il Duomo di Milano è la new entry della sesta posizione, mentre in settima si trova la Torre di Pisa, in salita di una posizione rispetto allo scorso anno. Scende di due gradini la Galleria degli Uffizi di Firenze (8°), e chiudono la classifica altre due new entry, il Palazzo Ducale a Venezia (9°) e la Galleria Borghese a Roma (10°).

Il Louvre la seconda delle 10 attrazioni internazionali più gettonate

Dopo il Colosseo, al secondo posto delle bellezze più prenotate a livello internazionale c’è il  Museo del Louvre di Parigi, considerato uno dei principali musei al mondo, E dopo la terza posizione occupata dai nostri Musei Vaticani, si trova la Statua della Libertà, a New York City (4°), mentre il 5° posto è occupato da un’altra attrazione francese, la celebre Torre Eiffel. Al 6° un’altra europea, la Sagrada Familia, a Barcellona, mentre per la settima posizione bisogna attraversare l’Oceano, perché si tratta dell’affascinante Quartiere Francese, a New Orleans, negli Stati Uniti.

Piazza San Marco chiude la classifica mondiale

“Un’esperienza toccante ed emozionante”, così i viaggiatori descrivono la Casa di Anna Frank, situata nel quartiere ebraico di Amsterdam, nei Paesi Bassi, e posizionata all’8° gradino della Top 10 internazionale di TripAdvisor.

In penultima posizione ancora un’attrazione americana, lo Skydeck Chicago – Willis Tower, a Chicago, uno degli edifici più alti dell’emisfero settentrionale. Da visitare assolutamente  per godersi il panorama sulla città. Se non si soffre di vertigini, ovviamente.

Chiude la classifica internazionale la veneziana Piazza San Marco (10°), una tre attrazioni italiane più visitate al mondo nel 2019.

Nasce BeProf, la piattaforma di Confprofessioni per i liberi professionisti

Arriva BeProf, la prima piattaforma digitale per gli oltre 1,4 milioni di liberi professionisti italiani. Progettata e realizzata da Confprofessioni per rispondere in modo concreto alla crescente domanda di welfare, salute, formazione, informazione e di strumenti innovativi per la gestione e l’organizzazione dell’attività professionale, BeProf apre la strada alla trasformazione digitale della libera professione. “Oggi lo sviluppo della professione passa inesorabilmente attraverso il processo di trasformazione digitale – commenta Gaetano Stella, presidente di Confprofessioni – che attraverso piattaforme multicanale, big data, reti sempre più performanti e web mobile, può semplificare la vita e il lavoro di milioni di professionisti.

Dal Welfare al networking tutto in un’unica app

Welfare, tutele sanitarie, credito più facile, digital evolution, ottimizzazione dello studio professionale, formazione e aggiornamento, networking e tanto altro ancora tutto in un’unica app. BeProf mira infatti ad agevolare tutti i liberi professionisti, senza alcuna distinzione, con un’offerta chiara e sempre a portata di mano, anche grazie alla app. Con la nuova piattaforma sarà quindi possibile disporre di un ricco bouquet di soluzioni personalizzate e scelte sulla base delle singole preferenze. Un’ampia selezione di servizi studiati per comporre un’offerta completa per tutte le esigenze studiata da Confprofessioni con partner di primaria importanza come Unicredit, Gruppo Zucchetti e Unisalute.

Formule di tutela personale, servizi finanziari e una News Room

BeProf offre un pacchetto dedicato a tutti i liberi professionisti, lavoratori autonomi e partite Iva, che attraverso la piattaforma possono beneficiare per la prima volta di formule di tutela personale a condizioni uniche e vantaggiose, finora riservate solo ai professionisti che applicano il CCNL Studi Professionali. Ma BeProf è anche una vetrina virtuale per scegliere i servizi finanziari più evoluti sul mercato e più aderenti alle specifiche esigenze del libero professionista. Un canale dedicato permetterà di avere a disposizione un servizio di consulenza esclusiva per superare le difficoltà di accesso al credito.

Inoltre, è disponibile una News Room tenersi aggiornati sui temi caldi di Economia e Fisco, Lavoro e Previdenza, Internazionalizzazione e Fondi europei, Formazione, Salute e Welfare, Professionista 4.0. E un’area dedicata ospiterà la rassegna stampa, i dossier tematici, le pillole-video e un esclusivo TG settimanale.

Servizi di leisure&pleasure e community

BeProf  offre anche tutto quello che serve per la gestione di uno studio professionale e l’ottimizzazione della professione. Dalle banche dati camerali e catastali, ai report di affidabilità, dalla gestione delle pratiche telematiche alle soluzioni tecnologiche per la digitalizzazione dello studio. Oltre a un’ampia gamma di servizi dedicati a leisure&pleasure. booking alberghiero, food delivering a condizioni uniche. E tante altre sorprese per chi ama l’arte, la cultura e la buona cucina.

BeProf però è anche un punto di incontro per i professionisti, uno spazio di confronto sui temi riguardanti la libera professione, e un luogo per sviluppare una rete di contatti e nuove opportunità di business.

Gli italiani non smettono di fare progetti, nonostante la crisi

Anche nel 2019 gli italiani continuano a fare nuovi progetti per il futuro, nonostante la crisi e le preoccupazioni, e contano sulle assicurazioni per proteggere famiglia e patrimonio. Ma rispetto all’ottimismo dei nuovi colossi dell’economia mondiale, come Cina e India, e a quello di alcuni europei, come olandesi, danesi e tedeschi, gli italiani sono abbastanza sfiduciati. Lo ha scoperto una ricerca internazionale condotta da BNP Paribas-Cardif, in collaborazione con Ipsos su un campione di 26mila persone di 26 Paesi, Italia compresa, e 3 continenti, Europa, America Latina e Asia.

Un’Italia in apprensione, ma che non si arrende

Dal potere d’acquisto alla lenta crescita economica fino al lavoro sono tante le ragioni dello scetticismo degli italiani. Ma le due fonti di apprensione che maggiormente tormentano gli italiani sono il lavoro e la salute, soprattutto quella dei propri cari. Tuttavia, dalla fotografia scattata dalla ricerca, emerge che l’Italia non vuole arrendersi, e non è mai venuto meno il desiderio di fare progetti per il futuro.

“L’Italia viene da un periodo di crisi economica e sociale che ha messo a dura prova le aspettative per il futuro – dichiara Isabella Fumagalli, Head of Territory for Insurance in Italy di BNP Paribas Cardif -. Gli italiani sono, infatti, tra gli europei che si sentono più sfiduciati e meno ben protetti pur non esprimendo un desiderio particolarmente forte di una migliore protezione. Eppure non si danno per vinti e continuano a coltivare passioni, sogni e progetti”.

Ancora convinti di avere abbastanza soldi per finanziare i propri sogni

Ma come intendono realizzare i propri desideri gli italiani? Innanzitutto, facendo grande affidamento su loro stessi. Al primo posto infatti c’è la convinzione di avere abbastanza soldi per finanziare i propri sogni nel giro di qualche anno (56%), mentre il 52% vuole farlo iniziando a risparmiare. Al terzo posto, riporta Askanews, la volontà di accendere una polizza assicurativa, ritenuta fondamentale per il 22% degli italiani, molto più che accedere a un prestito bancario (14%), ricevere un’eredità/donazione (20%) o ricevere aiuto economico da amici e parenti (20%).

Si conferma la propensione al prestito, e il 30% delle famiglie ha un’assicurazione sulla vita

Per molti italiani realizzare i propri sogni significa quindi soprattutto proteggere la famiglia e il patrimonio. Quando i progetti hanno un impatto economico elevato, come l’acquisto della casa, gli italiani confermano la propensione al prestito, con il 68% che sostiene di averne già uno. E solo un italiano su cinque dichiara di incontrare difficoltà nel pagare le rate del credito concesso.

Emerge in generale, però, un senso di mancanza di protezione. Solo il 5% degli italiani si definisce molto ben protetto, e il 38% degli intervistati afferma di non avere alcuna polizza assicurativa se non quelle obbligatorie, mentre il 30% delle famiglie ha almeno un’assicurazione sulla vita attiva, e il 15% ha una polizza per proteggersi in caso di disabilità.

Internet non piace più al suo inventore

Internet non è più quello di una volta, e non piace più al suo inventore. Leonard Kleinrock, cinquant’anni dopo aver lanciato la Rete si interroga su pregi ed errori della sua grande visione di allora. “Il nostro Internet era etico, di fiducia, gratis e condiviso – dichiara a la Repubblica Leonard Kleinrock -. Oggi è passato da risorsa digitale affidabile a moltiplicatore di dubbi, da mezzo di condivisione a strumento con un lato oscuro. Internet consente di arrivare a milioni di utenti a costo zero in maniera anonima e per questo è perfetto per fare pure cose malvagie”.

“Si è trasformato un bene pubblico in qualcosa con scopi privati”

Lo scienziato e pioniere della Rete, afferma anche che all’epoca del lancio di Internet non aveva “assolutamente pensato ai social network”, non immaginando nemmeno la possibilità della loro esistenza: “Allora si pensava a computer che parlavano, ma non alle persone. L’importanza delle persone l’ho capita dopo, con l’arrivo della mail – continua Kleinrock -. Poi con l’inizio dello spam nel ’94 cambiarono in male molte cose”.

Addio alla privacy, virus, furto di identità, pornografia e pedofilia, fake news. Il problema secondo lo scienziato si è posto, ed “è nato quando si è voluto monetizzarlo”. Ovvero, “si è trasformato un bene pubblico in qualcosa con scopi privati che non ha la stessa identità del passato”.

“Non abbiamo messo dei paletti e ora è difficilissimo riassestare la rotta della Rete”

All’epoca dell’esordio della Rete, ovvero della prima forma di connessione, il punto era che “dovevamo fornire una forte autenticazione di file – sostiene Kleinrock – ciò che mando dev’essere garantito e mai alterato”, quindi, “ci voleva una chiara identificazione degli utenti: dimostrare chi comunica”, sottolinea lo scienziato. Ma il punto, aggiunge Kleinrock, è che “non lo abbiamo fatto, non abbiamo messo dei paletti”. E ora è difficilissimo riuscire a farlo, a riassestare la rotta della Rete.

“Vedo un futuro in cui sarà protagonista l’invisibilità delle macchine”

Ma cosa sarà Internet tra cinquant’anni? La risposta di Kleinrock è: “vedo un futuro in cui sarà protagonista l’invisibilità delle macchine. Useremo interfacce cerebrali. Avremo un sistema nervoso pervasivo globale per interagire. Ma per farlo dobbiamo trovare un equilibrio etico e tecnologico”.

La scommessa è tutta qua, riporta Agi. Per ora Kleinrock nel suo laboratorio di Los Angeles sta cercando di plasmare il futuro della Rete, e con l’Uncla Connection sta cercando di “replicare l’ambiente che ha portato alla scoperta della rete, fatto di connettività e cervelli, senza la monetizzazione – aggiunge -. Lo faremo con menti giovani, con gli studenti. A loro dico che va bene sbagliare, basta continuare a cercare”.

Back to school con zaino, quaderni e smartphone

C’è tutto il tradizionale corredo scolastico, composto da libri, quaderni e astuccio. Però, per molti studenti italiani, in cartella a settembre c’è uno strumento in più: lo smartphone. Ma vietato pensare a un capriccio da ragazzini: per i nati nella Generazione Z, nativa digitale per eccellenza, il telefonino è un sistema da utilizzare anche durante le lezioni, con il placet degli insegnanti. Che il trend sia in atto è dimostrato di numeri: con l’inizio del nuovo anno scolastico, più di 1 studente su 10 mette lo smartphone nello zaino. A dirlo sono 12mila studenti tra i 10 e i 20 anni che hanno partecipato a un’indagine svolta da Skuola.net in collaborazione con il brand franco-cinese Wiko.

Uno strumento didattico

Per una serie di motivi, comprese ahimè alcune carenze infrastrutturali, lo smartphone ha guadagnato negli ultimi anni lo lo status di strumento didattico nella pratica quotidiana. Secondo quanto raccontano gli studenti, il 13% di loro ha addirittura un intero corpo docente che crede nella bontà del cellulare come supporto alle loro spiegazioni. Un dato che sembra crescere insieme all’età degli studenti. Quelli alle soglie del diploma o appena usciti dalla scuola dell’obbligo, ad esempio, hanno potuto sfruttarlo in maniera più costante: il 20% lo fa o lo ha fatto con tutti i professori. Il 29% del campione intervistato, che è comunque una minoranza, afferma invece che deve tenere il telefonino “off limits” durante le lezioni. 

Ragazzi più grandi, più accesso al device tra i banchi

L’uso del telefonino sembra aumentare con l’età dei ragazzi e la progressione delle classi. Specie nell’ultimo biennio delle superiori, lo smartphone è entrato di diritto nella strumentazione base e nel processo di modernizzazione della didattica: quasi 9 studenti su 10 lo impiegano con almeno un docente. Altrove – medie e primi anni delle superiori – il dato si ferma a un comunque buon 60%.

Quali sono gli utilizzi a scuola

Ma come viene utilizzato lo smartphone durante le ore di lezione? In base alle risposte dei ragazzi, serve principalmente (il 51% dei casi) per approfondire le lezioni, per prendere appunti e organizzare il lavoro (20%), per usare app durante spiegazioni ed esercizi (19%). Non sorprende quindi che circa 1 studente su 10 considera il telefonino parte integrante del suo equipaggiamento scolastico– assieme a libri, penne e quaderni – e procederà all’acquisto di un device con prestazioni migliori di quello già in possesso, in particolare i ragazzi delle medie.