Italia: non è terra di start up. Lo dice 1 imprenditore su 2

L’Italia non è un paese per start up. Lo afferma la metà degli imprenditori intervistati nel cos di uno studio del K&L Gates Legal Observatory, condotto con metodologia Woa (Web Opinion Analysis) attraverso un monitoraggio su circa 50 forum, community, portali e testate web. Obiettivo del sondaggio, capire quali siano le difficoltà delle start up in Italia. E le risposte non sono rassicuranti, purtroppo.

Le maggiori criticità? Trovare investitori e personale

Gli startupper intervistati segnalano che la maggiore difficoltà è sicuramente quella di attrarre investitori, riconosciuta dal 29% del campione. Per il 23% la principale problematica è trovare personale qualificato a costi sostenibili, mentre un altro 19% rivela la fatica di conquistare quote di mercato. E, sebbene nel nostro paese molto sia stato fatto in termini di incentivi, come gli incubatori di impresa e fondi pubblici e privati attivi nel comparto, gli imprenditori di start up non reputano l’Italia il paese “giusto” per queste avventure. La colpa?  Poco sostegno all’inizio e troppa burocrazia, che rende macchinoso ad esempio accedere ai fondi. Gi startupper, quindi, cercano di correre ai ripari: il 34% prova a risolvere da solo le emergenze, il 31% si affida ad esperti per le specifiche aree mentre il 17% consulta varie fonti.

I settori che piacciono agli investitori

Ammettendo che vada tutto come dovrebbe andare, quali sono i settori che solleticano maggiormente l’interesse dei potenziali investitori con liquidità? La ricerca ha una risposta anche a questo quesito: sono Ict (52%), Healthcare (36%), Pharma (34%), Media (28%), Trasporti (25%) e settore alimentare (19%). Per quanto riguarda le risorse umane, invece, il numero medio impiegato da una startup è da 1 a 5 (37%), da 5 a 10 (24%), oltre 10 (21%), oltre 30 (11%), oltre 50 (7%).

E gli errori più comuni

Tra gli errori maggiormente segnalati, spicca il fatto di non informarsi sui possibili competitor, così da evitare “doppioni” nell’offerta (52%). Segue poi l’incapacità di trasmettere una visione e mostrare al mercato le potenzialità della propria idea. Interessante anche quel 41% che dice di sbagliare perché si allinea alla logica comune, evitando così di andare controcorrente. Ancora, il 37% riconosce come errore quello di inventare prodotti o servizi senza però riuscire a illustrare efficacemente  come si guadagna, ovvero chi paga per i servizi della start up, mentre il 35% non ha una visione corretta della mole di lavoro, e la sottovaluta. Comunque sia, il 49% degli imprenditori monitorati pensa che l’Italia non sia il paese giusto per lanciare questo tipo di progetti. Un altro 26%, però – ed è un numero in salita rispetto agli anni passati – pensa che invece il Belpaese sia il luogo giusto per far nascere una start up.